giovedì 31 dicembre 2020

Indovina, indovinello

 

 

Un anno incancellabile ha termine e un altro sta per iniziare.  E’ questo il periodo in cui si formulano, a gloriosa distanza, auguri per se stessi, per la propria famiglia, per gli amici, per tutti. Fino allo scorso anno era consuetudine incontrarsi, scambiarsi baci e inviti, sperando che il nuovo anno portasse, a ciascuno e a tutti, salute e benessere; quest’anno festeggeremo a distanza e con il coprifuoco. Le celebrazioni, laiche e religiose, si sono adeguate ai tempi: la messa della vigilia è stata anticipata, i pranzi continuano  ad essere  “a base di soli congiunti “ e per la tombola ci si incontrerà      su Zoom o Meet e non più seduti a tavola dopo  la tradizionale cena con i parenti e amici.    Come sarà il 2021 non ci è dato di sapere, non possiamo confidare neppure nella lettura dell’oroscopo, il Covid ha svilito anche la fiducia nell’astrologia; una diffidenza che ritengo legittima, in quanto è molto strano che di questo annus horribilis , nessun astro , seppur immerso in un silenzio siderale,  non abbia sussurrato un piccolo avvertimento!    Quindi , in questa notte algida, senza il clamore della festa,  con  le luminarie   silenziose e ammiccanti   da filo a filo,   l’augurio che ci possiamo reciprocamente fare è che il 2000ventuno sia un anno nuovo e buono... e... che buono lo sia davvero perché ne abbiamo tanto bisogno .


 l.b


Come ogni anno non  può  mancare l' augurio in poesia,  








Indovinami, Indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?”.
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un Carnevale e un Ferragosto
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno!”.

 Gianni Rodari:

 

 

 

 


martedì 22 dicembre 2020

Auguri


 






Con i più 

sentiti  

                      auguri !


Natale 2020

 

I caplètt e basta.



Dove sei? 

Hai il ceppo sul vecchio focolare? 

Quando  vieni?

 Anno buono: ma come?"

scrive Manara Valgimigli a Marino Moretti

     nel dicembre '55:

    "Natale in solitudine anche il nostro:

    i caplètt e basta.

    Piove."


  •  






    domenica 13 dicembre 2020

    GEMELLAGGI TRA MNEMOTECHE IN ITALIA

    "La memoria è nostra madre, ma anche nostra figlia"
    [L. Romano, Nei mari estremi]

    Lo scorso anno, proprio in occasione del 50° dallo sbarco sulla luna, siamo approdati ad Arco di Trento. Per la precisione a Bolognano dove ha sede la Mnemoteca del Basso Sarca.
    Per noi un'occasione importante per ritrovare Beatrice Carmellini e Tiziana Calzà e per confrontarci su azioni comuni. Condividiamo, infatti, la creazione di una mnemoteca sui nostri rispettivi territori.
    Di quel lungo e produttivo scambio abbiamo realizzato un video che vi lasciamo in visione, nella speranza di stuzzicarvi a venire a trovarci sia qui da noi a Meldola (FC) presso la mnemoteca di parolefatteamano sia a Massone di Arco (TN) dove ha sede la mnemoteca del Basso Sarca, e a dar vita nei vostri luoghi di residenza alla medesima iniziativa.
    Astrid Valeck & Ermes Fuzzi

    https://youtu.be/HK-Ixpm102Q

    martedì 8 dicembre 2020

    DEDICATO A LIDIA MENAPACE


    Le guerre cominciano nella mente degli uomini ed è nella mente degli uomini che bisogna costruire la difesa della pace”

    preambolo della costituzione dell'UNESCO

    https://youtu.be/Py3ZV3JEovg

    Questo breve ma significativo filmato, che abbiamo avuto la fortuna di realizzare qualche anno fa, è dedicato a una donna le cui parole in questa, come in innumerevoli altre occasioni, diventano anche la rappresentazione di sé. L'antico motto plautino “nomen est omen” sembra qui più che mai tangibile. La parola pace non solo fa parte del suo nome ma, anche e soprattutto, del suo agire. Perché Lidia ci teneva a dire che oltre ad essere ricordata come partigiana voleva essere ricordata come pacifista. Non serve molto altro ad introdurre la figura di una narratrice che evoca in modo così naturale i momenti salienti di una esistenza fuori dal comune. Bastano, oltre alle sue parole, le espressioni degli ascoltatori incantati a decretarne l'irresistibile fascino.

    Buona visione e buon ascolto
    Ermes Fuzzi e Astrid Valeck

    lunedì 23 novembre 2020

    25 Novembre 2020

     



    "Lei apparteneva a quel dolore come si appartiene

     al temporale o al vento."[1]



    [1] (Novita Amadei)

     



    Già, potrebbe librarsi,

     se volesse,

     più in alto della somma

     anima bella.

    Ecco, invece, dismette la veste

     di troppo sazia tonda levità.

     Rallenta il passo,

     raccoglie la catena.

     In marcia, in colonna,

     forzata tra i forzati,

    sceglie di proseguire.

    Anna Maria Curci

     

     


    25 novembre: storia della

    GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

     

    Il giorno non è stato scelto a caso tra i 365 che compongono l’anno. Se è vero che la storia è un affastellamento di momenti cruciali, alcuni lo sono più di altri. Era il 25 novembre del 1960 quando i corpi delle tre sorelle Mirabal – Patria, Minerva e Maria – furono ritrovati in fondo a un precipizio. Addosso i segni evidenti della tortura-  Erano state catturate in un’imboscata dagli agenti dei servizi segreti del dittatore Rafael Leònidas Trujillo, che per più di trent’anni ha governato la Repubblica Dominicana. Le donne, brutalmente uccise mentre stavano andando a trovare i loro mariti in carcere, erano coinvolte in prima persona nella resistenza contro il regime. Il loro nome in codice era Las Mariposas. L’omicidio de “Le farfalle” ha scatenato una dura reazione popolare che ha portato nel 1961 all’uccisione di Trujillo e quindi alla fine della dittatura. La data è stata commemorata per la prima volta durante il primo Incontro Internazionale Femminista, che si è svolto a Bogotà, in Colombia, nel 1980. Da lì, il 25 novembre ha iniziato ad assumere un valore sempre più simbolico.(…)

    https://www.osservatoriodiritti.it/2018/11/23/violenza-sulle-donne-giornata-contro/

    lunedì 2 novembre 2020

     

     

    Vi  ricordiamo  tutti 


     




    Non un grano di polvere


    a turbare il chiarore


    del crisantemo bianco.

    ________________________
    Matsuo Basho

    (1644 – 1694) 





         

    PER MIO FRATELLO

    Non credo nelle coincidenze astrali o negli oroscopi ma, a volte, alcune cose sembrano davvero capitare per un perché. 
    Stefano è nato il 14 febbraio, il giorno di S. Valentino, il giorno in cui si celebra l’amore. 
    Posso dire con certezza che nessun altro giorno sarebbe stato più azzeccato per lui!
    Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e di stargli accanto, anche per poco tempo, sa bene cosa intendo, perché Stefanino era pieno d’amore e d’affetto verso chiunque. 
    È vero, a volte si arrabbiava e teneva il muso, altre si innervosiva e si metteva a fare i capricci, ma mai i suoi sentimenti verso chi aveva davanti mutavano. Dopo pochi minuti tornava a sorridere e a scherzare come se nulla fosse accaduto. La sua straordinaria empatia lo portava a cercare un rimedio quando vedeva qualcuno triste o abbattuto e la sua simpatia, il più delle volte, riusciva da sola a tirare su il morale. Anche se la malattia gli aveva portato via la memoria e l’autosufficienza, la sua indole non era cambiata minimamente così, ogni tanto, ti sorprendeva con un luminoso sorriso e ti abbracciava, facendoti sentire tutto il suo amore incondizionato. E così, sebbene da qualche tempo non lo si vedesse più passeggiare per Meldola, molti di noi non erano pronti a perderlo, e solo ora ci rendiamo conto di quanto ci mancherà.

    Milena Prati









    martedì 1 settembre 2020

    Giornata di scrittura autobiografica in natura

     


    Album fotografico "ANDAR PER STORIE ...a Meldola 2020"






    Sabato 29 agosto ha finalmente avuto luogo il tanto atteso evento pubblico dedicato alla ricerca dell'APS  PAROLEFATTEMANO  dal titolo:  "Andar per storie...a Meldola".  
     E' stata una grande gioia per tutti ritrovarsi, in tanti , nella splendida cornice       dell'Arena Hesperia  per un evento previsto per il 13 marzo 2020, e sospeso   durante  il lockdown- 
    I protagonisti della serata: Guido Neri e Piero 
    Ruscelli, sono stati  presentati dalle voci narranti di   Loris Venturi ed Ermes Fuzzi.
    L'iniziativa ha avuto il patrocinio del Comune di Meldola e la collaborazione della biblioteca comunale "F. Torricelli".


    Qui di seguito alcune foto dal nostro album.













            






    domenica 23 agosto 2020

     Sarà un piacere poterci ritrovare e passare insieme un sabato sera, sotte le stelle, nella magica cornice dell'Arena Hesperia di Meldola.

    Ascolteremo le storie di vita di Guido Neri e Piero Ruscelli narrate da Ermes Fuzzi e Loris Venturi.
    Sarà presente l'assessore alla Cultura del Comune di Meldola, Michele Drudi.
    Vi aspettiamo

    Staff parolefatteamano


    mercoledì 29 luglio 2020

    CUSTODI DELLA MEMORIA A TAVOLICCI – invito alla lettura

    Non molti sanno che il 22 luglio 1944 il piccolo borgo di Tavolicci, a pochi km da Sarsina sull'Appennino romagnolo, è stato teatro di un'efferata strage ad opera di truppe fasciste. 
    In tanti furono fucilati e in tanti trovarono la morte nella casa in cui erano stati rinchiusi e che venne data alle fiamme. Quasi tutta la popolazione venne sterminata, ben 64 persone su 82 abitanti. Un intero borgo, a circa 1000 mt di altitudine, con campi coltivati a patate e il bosco ad offrire sussistenza. Stiamo parlando di persone comuni, anziani...donne...bambini... il più giovane aveva 14 giorni, il più anziano 84 anni. 
    Non siamo in grado di portare ragioni o motivazioni, l'episodio è ancora aperto e senza risposte.
    Il ricordo di quel giorno è rimasto indelebile nei pochi sopravvissuti ed è grazie a loro che è stato possibile conoscere quanto è accaduto. Non tutti però sono riusciti a narrare, qualcuno ha preferito il silenzio; tra questi ultimi c'è chi ha lasciato Tavolicci, chi è rimasto ma non ha mai detto nulla, chi non è mai voluto essere presente ad una commemorazione per il timore di dover raccontare ciò per cui non esistevano parole tanto era stato enorme il dramma. Chi è restato si è fatto custode della vita di chi non c'è più, ha testimoniato con la propria presenza. 
    Ricorda la Lowenthal [Lo strappo nell'anima, 2002] che anche il silenzio ha una sua memoria, fatta di gesti e di azioni trasmesse attraverso l'educazione. Il silenzio è una ferita che resta aperta, che non trova il modo di essere sanata. Nella trama della vita e della memoria individuale e collettiva è come se vi fosse una lacerazione e i lembi del tessuto non possono essere riuniti e ricuciti, manca proprio un pezzetto di tessuto. L'ordito va intrecciato nuovamente e questo è possibile attraverso le storie. In questo risiede la grande opera compiuta dai biografi dell'APS parolefattemano di Meldola con il volume “Vivere a Tavolicci dopo la strage del 22 luglio 19441”. 
    Delle testimonianze raccolte solo una è di un testimone primario, le altre sono state donate da coloro che sono nati dopo la strage. Attraverso i loro racconti si tesse quella trama capace di riunire i lembi della memoria. A questo serve la narrazione dei testimoni secondari, cioè di coloro che sono nati dopo gli eventi accaduti. La memoria vissuta diviene memoria condivisibile. 
    In questa tessitura trova posto la casa in cui è avvenuto l'eccidio, che a lungo ha portato i segni della tragedia avvenuta, e che è stata restaurata e trasformata in museo. 
    Essere rimasti a Tavolicci o averlo scelto come luogo di vita significa raccogliere il testimone e divenire custode a propria volta. Leggendo le storie di vita raccolte ci si rende conto della forte volontà che guida chi vive in questo luogo, ne emergee l'immagine di eroi quotidiani. 
    Vivere a Tavolicci, almeno per le comodità cui siamo abituati, non è semplice. È decentrata, distante dai servizi, dalle sedi di lavoro e il clima è quello tipico della montagna. 
    Frequentare la scuola, per il solo bambino in età scolare che vi abita, significa due ore di percorrenza in scuolabus ogni giorno, e per gli adulti lasciare la casa alle 4:00 del mattino per rientrarvi che è già buio. D'inverno bisogna fare i conti con la neve e il ghiaccio. Eppure questo luogo ha un fascino che sovrasta ogni possibile fatica. È immerso nella natura e la pace che vi regna non fa certo rimpiangere il ritmo sincopato e l'inquinamento delle nostre città. Qui il tempo ha un altro valore come anche il rapporto con l'ambiente. Negli anni '90 i residenti hanno provato a rendere nuovamente produttivo il territorio costituendosi in cooperativa. Non ha funzionato come desideravano e la cura per la terra richiede ancora oggi il lavoro presso terzi, però c'è un progetto interessante che si sta concretizzando e che affianca quanti hanno già deciso di trasferirsi tra queste montagne. Lo si può trovare nel racconto di due ragazzi, marito e moglie, i più giovani tra coloro che hanno narrato: sono i figli, dei figli, dei figli...gli ultimi, in ordine di tempo, ad aver raccolto il testimone e a farsi custodi della memoria di questo luogo.

    Astrid Valeck

    1Ricerca in collaborazione e per conto dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Forlì-Cesena e Ass. Amici della casa di Tavolicci.

    mercoledì 15 luglio 2020

    Prosegue la storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online...RACCONTARSI 2020

    Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio di un'altra lettera pervenutaci quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica* da poco conclusosi e che, entrerà a far parte delle riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi. La parole di questa settimana sono di Laura Di Gianni.

    [..]Per quelle 4/5 settimane, ammetto che il centro dei miei pensieri è stato “chissà che cosa ci scrive Ermes lunedì, che cosa ci chiede”, e come farò eventualmente a far coincidere quello che ho voglia di dire io con quello che vuole sapere lui. Tenendo anche conto che io tratto un libro di poesie, non di narrativa come tutte le altre “compagne”. 
    Tra martedì e mercoledì in genere ho già “fatto il compito”, e aspetto qualche volta a spedire, per non fare come quelli che entrano a teatro troppo presto, e la platea è vuota. Sempre meglio di quelli che arrivano a spettacolo iniziato e scocciano, però …. È brutto, dai. Sembri uno che non ha proprio niente da fare, e arriva in anticipo per noia.
    Poi ricordo che c’è stato un intoppo, qualcosa che non sentivo di fare, e per un paio di giorni ho pensato di finirla lì (il tutto nato dal fatto che io avevo scelto un testo non narrativo) … poi ho trovato il bandolo della matassa, e ho anche considerato che, qualsiasi cosa ciascuna di noi avesse scritto, sarebbe comunque “andata bene”, come nei precedenti laboratori.
    Quando l’appuntamento settimanale è finito, mi sono sentita davvero privata di qualcosa che comunque aveva soddisfatto per più di un mese quel mio bisogno di un progetto, anche piccolo, centrato su una cosa che mi piace fare, come è da sempre nella mia vita il leggere e lo scrivere. [..]

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    * laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto dal nostro esperto Ermes Fuzzi

    domenica 5 luglio 2020

    RACCONTARSI 2020 - la storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online prosegue...

    Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio di un'altra lettera pervenutaci quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica* da poco conclusosi e che, entrerà a far parte delle riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi. La parole di questa settimana sono di Daniela Gaudenzi

    [..] Scegliere il libro non è stato facile, ho divagato a lungo prima di arrivarci, sono stata quasi tentata di lasciare perdere, mi sembrava un sopruso, un sacrilegio dovere concentrarmi su un solo libro a scapito dei tanti altri che amavo o avevo amato. Ma volevo partecipare al laboratorio. E così, mentre fuori si scatenava la subdola e silenziosa tempesta del Covid19 e negli ospedali infuriava la battaglia per arginarlo, mi sono ritirata nel silenzio della mia mansarda e lì, circondata da libri di poesia che non aprivo da tempo, da materiale didattico ormai inutile, ma da ordinare, da scaffali di volumi bene allineati che mi guardavano immobili, ho aspettato un richiamo più forte di altri che potesse attirare la mia attenzione. Non è arrivato, non subito. Ma l’attesa mi ha permesso di rileggere le poesie di F.G.Lorca, ritrovare i C.D. musicali di J.Brel, pensare alla bellezza dei testi delle sue canzoni, sentirmi circondata di una folla di persone e personaggi familiari coi quali mi ritrovavo con piacere dopo tanto tempo. Un privilegio inestimabile.

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    * laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto dal nostro esperto Ermes Fuzzi

    sabato 4 luglio 2020

    RINNOVARE LA MEMORIA. Vivere a Tavolicci dopo la strage del 1944

    Domenica 19 luglio 2020 alle ore 15.30 i Biografi volontari dell'APS parolefatteamano saranno a Tavolicci per parlare di memoria collettiva e di autobiografia. Un progetto nato insieme all'Istituto Storico della Resistenza di Forlì e all'Associazione Amici della casa di Tavolicci. I Biografi della nostra associazione hanno dedicato due anni all'ascolto, alla raccolta e alla scrittura delle storie di vita di chi a Tavolicci è rimasto, è nato, è vissuto dopo gli eventi del 22 luglio del 1944. Una memoria che resta, che pesa e accompagna. Una memoria capace, però, di divenire possibilità. A Tavolicci, attualmente, vi sono poche case che potrei definire semi, perché le persone che vi abitano e che l'hanno scelto come proprio luogo di vita, stanno piantando il futuro. Non è facile vivere a Tavolicci: è un posto di montagna, è lontano dalle comodità e dai servizi. È lontano, però, anche dalla confusione, dalla fretta e dallo smog della pianura. La forte volontà di chi è rimasto e l'amore per questo luogo in cui lo sguardo si può muovere libero verso un orizzonte che trascende le cime, sta facendo germinare i "semi" di cui dicevo prima: attività produttive che promuovono il territorio e nuove nascite; a Tavolicci infatti ci sono due bimbi. Non si dimentica la strage e ciò che ha significato per chi è rimasto e per chi è nato dopo quell'evento. Ciò che è stato lascia sempre un segno in chi viene dopo. Una sorta di cicatrice consegnata in eredità attraverso l'educazione, il ricordo di un dolore: per non dimenticare quello che c'era prima di quel dolore e per fare divenire quella cicatrice forza propulsiva per il futuro e le generazioni che verranno. Domenica racconteremo della nostra ricerca parlando di infanzia, di affetti, di sogni, di aspettative, di attese...attraverso le parole di Primo Botti, Elisa Gabrielli, Silvano Longhi, Angelo Perini, Alderina Olivieri, Jenny Perini e Matteo Caminati.
    Astrid Valeck


    domenica 28 giugno 2020

    RACCONTARSI 2020 - la storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online prosegue

    Pubblichiamo qui di seguito un'altra lettera pervenutaci quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica* da poco conclusosi e che, entrerà a far parte delle riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi. La lettera di questa settimana è di Mariella Boccioletti.

    È
    incredibile come Il piccolo principe mi sia entrato nel cuore. Non è stato un libro che ho divorato con la velocità con cui, nell'adolescenza, lessi I Gialli Mondadori. Non è stato come la lettura lenta e impegnata con cui cercai di addentrarmi negli intricati problemi psicologici de I Fratelli Karamazov. Il personaggio del Piccolo Principe mi arrivò come una ventata d'aria fresca e profumata che mi ossigenò il cuore. L'autore aveva espresso nel migliore dei modi pensieri, ricordi, sogni e sentimenti che appartenevano anche a me... 

    Vorrei scrivere in bella calligrafia tutte le frasi del libro che mi hanno colpito di più. Poi le incornicerei e, in ordine sparso, le appenderei a una parete... Dopo dipingerei tanti acquerelli copiando le illustrazioni eseguite da Saint Exupéry facendo altrettanti piccoli quadri. Questi li collocherei nella parete di fronte, come dirimpettai delle frasi incorniciate.  Ma questo io l'ho già messo in opera da tempo, nel mio cuore, con la fantasia.

    È come se la terza età avesse rinverdito ed accentuate alcune infantili fantasie... Non ho bisogno di inventarle, sono qui dentro da sempre.

    "Solo i bambini sanno quello che cercano". disse il Piccolo Principe "perdono tempo per una bambola di pezza, e lei diventa così importante che, se gli viene tolta, piangono..."

    Vorrei mi fosse concesso il tempo, almeno ancora per qualche anno, di guardare con il cuore... per fare entrare le cose semplici della vita: l'importanza di un' amicizia, la bellezza di un tramonto, la dolcezza di una storia ... come quella del Piccolo Principe.

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    * laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto dal nostro esperto Ermes Fuzzi

    venerdì 26 giugno 2020

    LO STRAPPO - autobiografia e didattica a distanza

    Questa improvvisa chiusura della scuola con conseguente sospensione delle attività didattiche in presenza è stato un strappo, una lacerazione improvvisa. Possiamo illuderci che la tecnologia riesca a sostituire ogni aspetto della nostra vita, ma non è così. Almeno non lo è per la scuola. Questo è quanto la didattica a distanza - questa nuova creatura presentatasi nelle nostre case – ha messo in chiara evidenza. La scuola non è informazione, per quella la tecnologia può essere un valido sostituto.
    La scuola è relazione. Noi siamo esseri sociali e della socialità abbiamo bisogno. Si impara e si ha desiderio di imparare perché lo si fa insieme agli altri; perché c'è dialogo e confronto con i compagni; perché c'è un maestro (o una maestra) che media e guida e usa gli errori come risorsa per il gruppo; perché è più facile seguire l'esempio di un compagno; perchè c'è concreta inclusione; sono tanti i perché...
    Nelle molteplici sfumature che pennellano la nostra vita, credo che le esperienze, anche quelle che percepiamo negativamente, ci chiedano di divenire tesoro per il futuro.
    Questa modalità, nuova e senza precedenti, sicuramente e necessariamente perfettibile, ci ha mostrato che della scuola “in carne ed ossa” non si può fare a meno, ma anche che è necessario continuare a formare i nostri alunni e i nostri figli alla tenacia, all'autonomia e alla resilienza. Tenacia intesa come impegno costante e quotidiano. Autonomia quale capacità di gestirsi da soli e rispondere alle consegne in modo maturo e organizzato. Resilienza cioè sguardo positivo  e aperto al futuro. Potremmo definirlo coraggio e speranza per la propria vita. Essere certi che tutto andrà bene, non solo riferito all'emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
    Tra le tante scritture degli alunni di cui vi sto raccontando ormai da diverse settimane ce ne sono tante dedicate alla loro scuola Primaria* immersa nel verde della campagna che circonda la città di Forlì.
    Oggi vi lascio con quella di S.
    Astrid Valeck

    Cara scuola Follereau,
    questi mesi per me hanno significato tristezza perché non potevo abbracciare le persone: i miei amici di scuola e tutte le persone a cui voglio bene. Questi mesi sono descritti da due emozioni: la tristezza e il coraggio. La tristezza di non poter fare le cose insieme dal vivo e il coraggio perché ho dovuto imparare cose nuove da solo con altri strumenti e avere la fiducia in me stesso che ce la posso fare.

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    * Il giornalino della classe 4A scuola Primaria “R.Follereau” - I.C. N°8 “Camelia Matatia” Forlì esce ogni settimana dal mese di marzo 2020

    lunedì 22 giugno 2020

    LA SOGLIA - autobiografia e didattica a distanza

    Ancora una volta torno indietro nel tempo, esattamente ai primi di marzo di questo anomalo 2020. Le scuole sono chiuse da poco più di due settimane. La notizia di queste ore è che non sarà possibile rientrare nelle nostre aule ancora per qualche tempo. Tutti però abbiamo la percezione che quel “tempo provvisorio” sarà, al contrario, un “tempo lungo”. Le Istituzioni si stanno attrezzando per rendere operative le piattaforme digitali e fare arrivare ovunque la routine della scuola.
    Il leitmotiv che ci sentiamo ripetere, in modo martellante, è quello di restare a casa.
    Non siamo abituati a ciò, anzi le nostre vite passano velocemente tra il dentro e il fuori, rincorrendo le tante frenesie di cui le abbiamo stipate.
    Improvvisamente il fuori ci è sottratto, cambiano le possibilità, cambiano le prospettive.
    La nostra attenzione è attratta dalle cornici che contornano i vetri ancora chiusi per il clima invernale. Così ci avviciniamo e siamo attratti da quel limitare che sta tra il dentro e il fuori, che ci porta a guardare lontano pur nella sicurezza del luogo che ci accoglie.
    In direzione di quell'orizzonte che è già futuro e invita a spiccare il volo, che ci chiede di saper aspettare e di limitarci ad osservare con attenzione quanto quel rettangolo ci mostra.
    ...pezzetti di vita, ...frammenti di assenza, ...suoni che appaiono e altri che spariscono prendono forma sui quaderni dei bambini seduti davanti ad una delle finestre della loro casa, unico collegamento con il mondo di fuori.
    Oggi vi lascio con due pagine di diario scritte da due alunne della classe 4 della scuola Primaria “R. Follereau” - IC n°8 “Camelia Matatia” di Forlì

    Astrid Valeck


    Sono le 15:00 di pomeriggio, è una bella giornata di sole, affacciandomi dal terrazzo della cucina sulla sinistra vedo numerose case e palazzi tutti colorati che mi mettono allegria, mentre se guardo dritto in lontananza vedo un grande campo verde, dove gli alberi sono ancora spogli perchè la primavera è appena iniziata. Vicino ai campi c'è anche uno sgambatoio, dove le persone che abitano in questa zona possono portare i loro cani a correre e giocare liberamente. Se rimango in silenzio riesco a sentire il cinguettio degli uccellini che volano tra gli alberi e il soffio del vento. Invece se osservo dal terrazzo della camera di mia mamma vedo la via in cui abito, tutta circondata da tante case. Di solito nelle belle giornate di sole sento tanti bambini che giocano insieme nel parchetto vicino al mio condominio; mentre in questi giorni a causa della brutta situazione che stiamo vivendo per la strada non c'è quasi più nessuno, sento solo il silenzio e questa cosa mi rende molto triste. Gli unici rumori che sento sono le poche macchine che passano e le voci dei miei vicini che si parlano dai balconi.


    È mattina, mi sono appena svegliata. Guardo dalla finestra attirata dal canto degli uccellini che svolazzano tra gli alberi del mio giardino in cerca di cibo. Sposto lo sguardo più avanti e vedo la vigna, dopo la strada, tutta spoglia e senza colori, senza foglie e senza uva. Guardando a destra della vigna vedo un prato pieno di colori, dove un po’ di tempo prima siamo andati io, le mie sorelle e mia mamma a fare un pic-nic sull’erba e dove abbiamo raccolto alcuni fiori di diversi colori. Mi colpisce una luce in pieno viso, è il sole che mi saluta di primo mattino. Vedo il mio giardino dove i nostri cani giocano in mezzo ai colori squillanti dei fiori. Allora torno dentro casa piena della bellezza della natura, pronta a passare una giornata piena di felicità.

    martedì 16 giugno 2020

    RACCONTARSI 2020 - Storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online

    Pubblichiamo qui di seguito la bella lettera inviataci da Francesca "French" Abbiati quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica da poco conclusosi.
    Il prezioso contributo di Francesca entra a pieno titolo nell'insieme di riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi.

    Il lockdown di marzo è arrivato a una sola settimana di distanza dall’inizio dell’edizione primaverile di “Raccontarsi”*, che ci avrebbe di nuovo uniti, su quei tavoli disposti a semicerchio, pronti a esplorare i nostri ricordi e a vedere cosa sarebbe emerso dal cilindro della memoria. Io al corso non mi ero ancora iscritta, in attesa di capire meglio l’entità degli impegni lavorativi di quelle settimane, ma la notizia che non sarebbe iniziato mi ha rattristata. Ecco perché, quando il 16 marzo è arrivato nella chat whatsapp il messaggio di Ermes Fuzzi con la proposta di realizzare il laboratorio via mail, ho accettato subito. È stato il tema succulento a catturarmi inizialmente (“il libro che ami”), ma credo che la spinta fondamentale sia stata il desiderio di continuare a sentirmi parte viva di questo gruppo, dato che all’ultima edizione del laboratorio non avevo potuto partecipare. Così, un po’ titubante, ma con l’entusiasmo delle partenze, comincio a scrivere.
    Ogni lunedì, per cinque lunedì, il piccolo gruppo che ha accettato la sfida è unito nell’attesa trepidante della mail di Ermes, che raccoglie stralci dei nostri scritti della settimana precedente e manda nuovi input per quella successiva. È divertente provare a indovinare le autrici dei brani riportati: alcune si riconoscono al volo, per altre serve una lettura più attenta. Conosco bene alcuni dei libri scelti dalle mie compagne di viaggio, mentre altri mi incuriosiscono e credo li cercherò in biblioteca appena possibile. È bello anche scoprire quali stralci dei miei scritti sono stati selezionati, quali hanno colpito chi li ha letti e cosa hanno saputo trasmettere.
    Il silenzio totale che circonda le nostre case durante la quarantena aiuta la concentrazione. È una situazione molto diversa dal solito, quando scriviamo in gruppo. Da un lato, ora non abbiamo limiti di tempo e possiamo abbandonarci ai capricci della penna per tutto il tempo che vogliamo, scrivendo e correggendo, tagliando e aggiungendo. Dall’altro, però, manca la magia che si crea nella condivisione del luogo e dell’atmosfera, anche se quando si scrive, pur gomito a gomito, ognuna si immerge nel proprio mondo, fuori dallo spazio e dal tempo. Poi manca la bellezza del testo letto ad alta voce dall’autrice (o autore!), unica a saper imprimere alle parole la giusta intonazione ed emozione, tale da rendere ogni brano un capolavoro, indipendentemente dallo stile in cui è scritto. Rimane, però, la riposante certezza dello scrivere sapendo che qualcuno leggerà, sapendo che qualcuno prenderà in carico la parte di cuore che hai spalmato sul foglio. Perchè parlare del libro che si ama significa anche parlare di se stessi, almeno un po’. E scrivere – io credo – è sempre in qualche modo scrivere di sé.
    Ogni settimana la sfida proposta sembra più difficile rispetto alla precedente e ogni volta che mi metto davanti alla pagina bianca penso che questa volta non scriverò proprio nulla. Invece poi le parole escono da sole, quasi di getto, come se fossero evocate per magia. Mi dico che deve essere l’influsso delle mie compagne di laboratorio, che anche a distanza mi stimolano a raccontarmi, come quando siamo tutte insieme. Come sempre, nonostante la consegna di scrittura sia unica per tutte le partecipanti, emergono le modalità di risposta più diverse che si possano immaginare, e non solo perché si parla di libri diversi (raccolte di poesie, racconti, romanzi,…): ognuna di noi mette se stessa nella penna e si lascia trasportare dai ricordi e dall’immaginazione. Tutte ci mettiamo in gioco con serietà, ma anche con leggerezza e ironia, perché scrivere ci fa stare bene e questo, leggendo le nostre pagine, si sente.
    L’ultima puntata del laboratorio arriva – come sempre – troppo presto, anche se siamo ormai alla fine di aprile. È stato un bel viaggio. È stato innanzitutto un modo per sentirsi vicini. Un modo per evocare ricordi sepolti chissà dove. Un’occasione per rileggerlo, quel libro amato, che forse stava chiuso su uno scaffale da un bel po’. Un modo, anche, per mettere in moto la fantasia e i pensieri positivi, per riportare alla mente i ricordi belli, quelli che ci fanno sorridere. Perché mai come in questo periodo c’è stato bisogno di sorridere, di immergerci in ricordi buoni, di usare la fantasia e volare con essa, immaginando un finale alternativo anche per quello che stiamo vivendo e che ancora non sappiamo in che direzione andrà.

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    * "Raccontarsi ...a distanza" è il titolo del laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto online dal nostro esperto e formatore in metodologie autobiografiche e biografiche territoriali Ermes Fuzzi 

    lunedì 15 giugno 2020

    PROGETTARE IL FUTURO - autobiografia e didattica a distanza

    Ritorno sul tempo e sul bisogno di azione per superarne l'immobilità. Ciò che ci può aiutare a “rompere l'incantesimo” è progettare il futuro.
    La scuola* scandisce tempi precisi per i bambini, dà sicurezza. Il fatto stesso di esserci comunque, nonostante il lockdown, dà garanzia di normalità. Certo una normalità anomala...ma è presente. Anche la sua quotidianità però ad un certo punto proporrà lo stacco estivo. È necessario preparare il congedo, come è importante sapere che la vita proseguirà nonostante questa emergenza.
    Quanto è accaduto quali ricadute avrà sul nostro modo di vivere? Cosa ci avrà insegnato? Come i bambini hanno vissuto questo periodo e come immaginano il loro futuro?
    In questa nuova forma di insegnamento sperimentata in questi ultimi mesi ogni contatto avviene via web, in questo caso particolare attraverso le mail. Tra la maestra e gli alunni si crea un rapporto di scambio che non è solo “correggere il compito” ma entrare in dialogo attraverso la scrittura. C'è un duplice movimento, si dialoga con se stessi nel momento della scrittura e si riceve una restituzione da parte della maestra.
    Al solito vi lascio con il contributo di un alunno.

    Astrid Valeck

    Bisogna usare la testa
    Tutto è cambiato in male in poco tempo, io sono molto arrabbiato e deluso. Il Coronavirus ci ha rovinato la vita. Ho ascoltato le precauzioni da usare quando esco, tutti lo fanno ma, come mi ha detto la mamma, in un modo non naturale, una cosa da disagio. ATTENZIONE, PAZIENZA, USARE LA TESTA. Astrid non voglio vederti dentro uno scafandro non sarebbe naturale e non saresti la mia maestra, ma so che lo faresti per tornare a stare con noi a scuola e vederci tutti i giorni. Potremmo creare delle tute per proteggerci al posto del grembiule, magari di quel colore e scriverci sopra il nostro nome per riconoscerci. Quando facciamo ginnastica o dobbiamo andare in bagno nasce il problema...
    Avere sempre a disposizione le cose per proteggerci: mascherina, guanti e gel. Vivere vicino ma non troppo.
    Voglio tornare a scuola. Ma come? Banchi distanti separati dal plexiglass come al lavoro della mamma, in farmacia??!! Sperare che trovino un vaccino?? Ne ho già fatti tanti, un altro non mi dispiace. Dedalo vola via per sfuggire al Minotauro, io non sono così astuto, ma so usare la testa. Imparo le cose basilari per tutelarmi.
    Una cosa che mi ha detto la mamma e mi ha fatto vedere da internet è che i guanti e le mascherine gettate a terra inquinano e sporcano l'ambiente. I bidoni, anche con questa situazione esistono ma la gente lo ha dimenticato. BISOGNA USARE LA TESTA.

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    * Il giornalino della classe 4A scuola Primaria “R.Follereau” I.C. N°8 “Camelia Matatia” Forlì esce ogni settimana dal mese di marzo 2020