venerdì 31 dicembre 2021

Attesa e commiato

 

Per l'anno che verrà desidero. 

Per quello trascorso ringrazio:

•chi continua a sostenere questa avventura di esplorazione sulle storie di umanità

•chi esprime vicinanza e fratellanza ( o sorellanza se preferite) continuando a raccontarsi nei nostri laboratori

•chi è resiliente e sa ancora distinguere l'acqua dall'olio.

Se manca un prestito letterario è solo per un tentativo di esprimere con parole mie l'augurio che vi mando con autentico entusiasmo per la vita che abbiamo avuto in prestito e per quella che condivideremo in questo nuovo anno che occhieggia dalla porta del futuro immediato.

                                                                                                                         Ermes 

mercoledì 22 dicembre 2021

NATALE 2021

 

Qualunque

sia la nostra domanda,

qualunque sia il sogno del nostro cuore….

 auguriamoci che il tempo a venire 

 sia il tempo, per tutti noi, della 

riflessione, della pienezza e

 della “com-passione” .

Un tempo in cui far veri i sogni

e trasformare in sogni il Vero.




"Nasce tra i clandestini,
il suo primo grido è coperto dai motori,
gli staccano il cordone con i denti,
lo affidano alle onde.
I marinai li chiamano Gesù
questi cuccioli nati
sotto Erode e Pilato messi insieme.
Niente di queste vite è una parabola.
Nessun martello di falegname
batterà le ore dell'infanzia,
poi i chiodi nella carne.
Nasce tra i clandestini l'ultimo Gesù,
passa da un'acqua all'altra senza terraferma.
Perché ha già tutto vissuto, e dire ha detto.
Non può togliere o mettere
una spina di più ai rovi delle tempie.
Sta con quelli che esistono il tempo di nascere.
Va con quelli che durano un'ora."

(L'ultimo viaggio di Sindbad, Erri De Luca)



lunedì 13 dicembre 2021

Consiglio di lettura

 


100  LUNEDI' ALL'ULTIMO BANCO                       

                              di  Alessandro D’Avenia  

 

Da cento settimane, ogni lunedì, ci sediamo insieme all’Ultimo banco. Ne è valsa la pena? Per me sì, altrimenti mi sarei perso molte più volte di quanto mi capiti abitualmente. Il dilagare comunicativo, di cui la rete e i social sono il capolavoro, mostra un bisogno primario, iniziato con il primo vagito della nostra fragile vita che si ribella alla solitudine e alla paura: «guardami, ascoltami, tienimi presente», cioè «rendimi presente». Prima un messaggio serviva a darsi appuntamento per un incontro, adesso il messaggio è l’incontro stesso: «messaggiamo» per dire «non dimenticarmi», fosse anche solo nella speranza di veder apparire le fatidiche «spunte blu». Comunico per spezzare la solitudine, ma scrivo per il motivo contrario: difenderla e amarla.

Non scrivo, libri e articoli, per non essere dimenticato ma per non dimenticare. Comunico per esistere, scrivo per far esistere. Mando messaggi, scritti o vocali, per esorcizzare la mia morte, invece scrivo per ricordarmi della vita, per scoprire e amare l’esistenza: scrivere è per me ri-esistenza, esistenza rinnovata. Così per 100 lunedì non avete letto ciò che io so, ma ciò che io ho cercato di scoprire e di non perdere per ri-esistere.

Perché? Perché scrivere per me è smettere di aver paura di vivere, mettendo al mondo il mondo, dopo averlo «gestato» nel cuore e nella testa. Per farlo devo però rinunciare al mondo-specchio delle mie brame o al mondo-orecchio del mio lamento, e cercare: il senso del mio esser qui, la bellezza dell’esistenza nonostante il dolore, la speranza nonostante l’esperienza della vita.

Comunico per difendermi dal tempo, alzando barricate: le linee temporali (time-line) di immagini, informazioni, frasi che «scorro» sui social, sono muri alzati proprio contro lo «scorrere» del tempo. La scrittura invece mi aiuta a non creare schermi contro la vita: non riempio l’ignoto di parole, ma le devo tirare fuori proprio da lì. Quando comunico ho sempre le parole, quando scrivo no. Quando comunico le uso per dire «io esisto», quando scrivo le cerco per dirmi «non aver paura di esistere». Quando scrivo strappo terreno alla mia confusione, alle menzogne che mi racconto e alla mia difficoltà di dar forma ai sentimenti, soprattutto il dolore. Quando scrivo, ascolto: per questo amo la solitudine (non l’isolamento) e il silenzio (non il mutismo), e li cerco mentre, nel teatro provvisorio del mondo, provo a recitare come posso la mia parte — di re o mendicante non conta, perché Ulisse mi ha insegnato che mendicante e re sono la stessa persona. La mia solitudine è come quella del seme nella terra, ho dentro l’inquietudine e il fermento della vita ma ho paura di spezzarmi, di non diventare quello che potrei essere.

Quando comunico uso parole ricercate, quando scrivo imparo a fatica a sillabare i suoni primari dell’esistenza: «ti amo» e «morirò». Quando comunico aspetto conferme, quando scrivo non le cerco se non dall’opera. E quando, dopo tanto lavoro, arriva la critica, anche feroce, mi basta ricordare la lettera di una ragazza che non si è suicidata, di un padre che è tornato a casa, di un ragazzo che ha ritrovato speranza... perché hanno letto qualcosa che avevo scritto. Perché il pubblico non è un’ipotesi di mercato, ma chi, infreddolito e ferito come me, si siede allo stesso fuoco per riposarsi e, nel buio in cui è immersa l’esistenza, si rigira nel cuore e nella testa quella domanda che, per paura e per dolore, non riesce a porre neanche a se stesso. Scrivo perché ho la stessa paura e lo stesso dolore di chi si ferma a scaldarsi, e la scrittura mi dà il coraggio di non rinunciare alla domanda che tengo viva, per me e per te, come si fa con il fuoco. La vita poi risponderà, come fa sempre quando le domande arrivano alla semplicità coraggiosa delle dichiarazioni d’amore o di resa. Non scrivo per se-durre con parole che fanno godere sul momento ma lasciano infecondi, ma per con-durre a sé con parole che fanno gioire a ogni rilettura e rendono la vita più capace di vita.

Quando scrivo difendo la mia assetata solitudine perché, giunto allo sprofondo del cuore, trovo tutti: eravamo già tutti lì ma senza parole per toccarci. Così il silenzio diventa con-tatto e gli individui com-pagni (compagno, da con pane, è chi con-divide il pane). La mia felicità è la stessa di Gemma, straordinaria cuoca langhigiana, a cui ho chiesto come fa a non stancarsi di cucinare le stesse cose da decenni: «Faccio un lavoro che amo e faccio felici gli altri». Chi cucina, chi scrive... ognuno deve trovare la sua via per conoscersi, (ri-)crearsi e nutrire la vita. Non scrivo perché sono bravo a scrivere, ma perché non sono bravo a vivere. E mi devo salvare.
Ogni lunedì dell’anima e del corpo, anche io cerco una parola che mi salvi e nutra la vita altrui. E vi invito all’ultimo banco, che diventa così una tavola conviviale. Sedetevi. Riposatevi. Poi ripartiamo.


13dicembre 2021 


dal CORRIERE DELLA SERA  
 https://www.corriere.it/alessandro-d-avenia-ultimo-banco/21_ 

domenica 12 dicembre 2021

Scritture autobiografe di Sergio Giammarchi

Per diversi anni Sergio ha seguito i nostri laboratori di scrittura autobiografica presso La Rete magica di Forlì. Due volte l'anno per la precisione, in primavera e in autunno, continuando a partecipare ben oltre la soglia dei 90 anni. Chi ha partecipato con lui ai laboratori sa quanto i suoi racconti ci abbiano arricchiti tutti. Per lui sono stati l'occasione per raccontarsi anche oltre la sua forte e formativa esperienza di Resistenza, per viaggiare sul sottile filo della memoria e della nostalgia e ritrovare volti, voci, emozioni, profumi che la sua lunghissima vita aveva serbato per lui e per noi. La pagina che abbiamo scelto è dedicata ai sapori della sua infanzia grazie ai quali ricorda suo padre e sua madre. Vuole essere solo un invito; prossimamente ci sarà occasione di conoscerlo ancora più da vicino con un evento a lui dedicato.

Astrid Valeck   Ermes Fuzzi   e tutti gli amici di parolefatteamano e dei laboratori di scrittura autobiografica

                                       SAPORI D'INFANZIA 







domenica 5 dicembre 2021

CIAO SERGIO !

 



CIAO SERGIO
 

 di  PAOLA   BORGHESI



Il Partigiano Sergio Giammarchi ci ha lasciato un patrimonio di ricordi indelebili, ha trasmesso a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo dei valori universali.

E’ andato nelle scuole a parlare ai giovani con pacatezza, energia, modestia, tenacia, per condividere i ricordi di una parte significativa della sua vita, per tramandare la sua esperienza ai ragazzi attenti e interessati  che ne faranno tesoro per non commettere più gli errori del passato.

Il suo impegno è iniziato nel dicembre 1943, quando non ancora diciottenne incontrò Adriano Casadei, che operava in sintonia con Silvio Corbari  all’organizzazione della Resistenza.



Sergio ricordava sempre con emozione un tragico episodio del marzo 1944 che rafforzò la sua volontà di prender parte alla lotta contro il nazifascismo: la barbara fucilazione da parte dei fascisti di cinque giovani di leva presso la caserma di via della Ripa e la successiva minaccia di fucilarne altri dieci. La fucilazione dei dieci giovani fu sventata da uno sciopero delle donne che lavoravano in molte fabbriche forlivesi.

Sergio andò in montagna  nell’aprile 1944 con l’amico Adriano Casadei per unirsi al Battaglione Corbari  che operava nella zona di Tredozio.

Raccontava la vita dura dei giovani combattenti a cui non mancava l’aiuto dei contadini (uno gli fece un paio di scarpe con la corteccia di un albero per sostituire le sue distrutte).

Raccontava con grande emozione della cattura e della atroce morte dei compagni di lotta ( Iris Versari, Adriano Casadei, Silvio Corbari e Arturo Spazzoli ), l’impiccagione di Corbari e di Casadei in piazza a Castrocaro e la successiva esposizione dei quattro corpi appesi ai lampioni di piazza Saffi a Forli a  scopo dimostrativo per la popolazione , che veniva costretta a passare per vedere questo macabro spettacolo.

Poneva sempre l’accento sull’amicizia che legava questi giovani, sulla generosità
di Casadei che già in salvo tornò sui suoi passi per aiutare Corbari che era caduto, pagando il suo gesto con la vita.

Dopo la morte dei quattro amici continuò a combattere sui monti per un paio di mesi e poi fu con altri portato a Roma dagli Inglesi  e ricoverato in ospedale per una infezione a una gamba.

Rientrò a Forlì dopo un viaggio avventuroso nel febbraio 1945, dove apprese la triste notizia della morte di una sorella col marito e i due figli nel bombardamento di Forlì del 10 dicembre 1944.

Quando raccontava questi fatti  e l’incontro con la madre si
emozionava profondamente suscitando la commozione  di tutti i presenti.

Concludeva il suo racconto invitando i giovani a lottare sempre per conservare la pace, la libertà e per difendere i valori della Costituzione.

 Ha partecipato a tutte le iniziative di memoria, anche nel mio paese , per cui lo ringrazio anche a nome degli amici e compagni della sezione Anpi di Meldola

 La  cerimonia di commiato al cimitero monumentale di Forlì si è svolta per sua espressa volontà di fronte al sacrario dei suoi quattro amici Partigiani, accompagnato dalle bandiere delle varie sezioni Anpi e alla presenza dei Sindaci di Forlì, Meldola e Santa Sofia, salutato dai Presidenti dell’Anpi provinciale e di Forlì. E’ iniziata  col suono del Silenzio e conclusa con il canto di “Bella ciao”

 

 




mercoledì 24 novembre 2021

 


Devi trattarla bene,

di te si fida.
Lei sempre ha avuto pane
per la tua fame,
nei giorni del dolore
lei ti ha voluto bene,
quando ti ha visto triste
ti è rimasta accanto.
Devi trattarla bene,
esserle amico.
Lei sempre ha avuto pane
per la tua fame,
nel freddo dell'inverno
lei ti ha tenuto caldo,
quando ti ha visto stanco
con te ha camminato.
Devi trattarla bene,

di te si fida.
Lei sempre ha avuto pane
per la tua fame,
lei che con te ha diviso
la gioia e il pianto,
quando ti ha visto solo
lei ti ha parlato.
Devi trattarla bene,
esserle amico
Quando la vedi triste
parlale piano
e quando viene notte
proteggila dal male,
ridi della sua gioia,
consolala se piange.

"Devi trattarla bene"
( Luisa Zappa - Angelo Branduardi )
https://www.youtube.com/watch?v=bl08mNnep7s

martedì 9 novembre 2021

Ed ecco un altro laboratorio di scrittura autobiografica, questa volta a Forlì

Un corso base, per chi non ha mai pensato che la scrittura possa divenire compagna di vita.
Per informazioni e iscrizioni contattare il Centro Donna di Forlì.



giovedì 4 novembre 2021

4 NOVEMBRE

“Credo che abbia ragione De Robertis;

 quando reclama per sè e per tutti noi il diritto

 fare della letteratura, malgrado la guerra.”



da "L'ESAME DI COSCIENZA DI UN LETTERATO" di RENATO SERRA.

Sempre lo stesso ritornello: la guerra non cambia niente. Non migliora, non redime, non cancella; per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti, non lava i peccati. In questo mondo, che non conosce più la grazia. (…)

Il cuore dura fatica1 ad ammetterlo. Andare insieme. Uno dopo l'altro per i sentieri fra i mon­ti, che odorano di ginestre e di menta; si sfila come formiche per la parete, e si sporge la testa alla fine di là dal crinale cauti, nel silenzio della mattina. O la sera per le grandi strade soffici, che la pesta  dei piedi è innumerevole e sorda nel buio, e sopra c'è un filo di luna verdina lassù tra le piccole bianche vergini stelle d'aprile; e quando ci si ferma, si sente sul collo il soffio caldo della colonna che serra  sotto. O le notti, di un sonno sepolto nella profondità del nero ciclo agghiacciato; e poi si sente tra il sonno il pianto fosco dell'al­ba, sottile come l'incrinatura di un cristallo; e su , che il giorno è già pallido. Così, marciare e fermarsi, riposare e sorgere, faticare e tacere, insieme; file e file di uomini, che seguono la stessa traccia, che calcano la stessa terra; cara terra, dura, solida, eterna; ferma sotto i nostri piedi, buona per i nostri corpi. (…)

  

Alcune settimane fa in biblioteca la mia attenzione fu richiamata da un libro  che non brillava certamente per  vivacità grafica; la copertina caratterizzata da uno scialbo color marrone e da una castigata riproduzione di Carlo Carrà, esibiva , però, un titolo , a mio parere molto interessante : GLI  INTELLETTUALI  E  LA  GRANDE  GUERRA .

  La mia attenzione si soffermò sulle pagine dedicate a Renato Serra che riportavano stralci dell’opera “L'Esame di coscienza di un letterato”, scritta nel marzo del 1915.

 Serra scrisse questa difesa della letteratura quando era impegnato in quella guerra che dopo tre mesi    lo avrebbe condotto alla morte. Al riguardo dichiarò: “Credo che abbia ragione De Robertis; quando reclama per sè e per tutti noi il diritto di fare della letteratura, malgrado la guerra.”

 Serra si arruolò senza esitazioni pur sapendo che la guerra non aveva nessun senso e non serviva a nulla attribuire a essa valori  e /o  ideali ; per lui, parteciparvi aveva significato allinearsi con gli altri ,  con l'umile gente della sua Romagna e vivere una vita più autentica come stimolo per una via alla fraternità  con tutti gli uomini.   

 

 Gli Intellettuali e la grande guerra

di  Ilvano Caliaro 

Editore:Einaudi scuola

Collana:I libri da leggere

Data di Pubblicazione:2001

Materia:Italiano classici, narrativa

 

Non è mia intenzione recensire il libro , ma desidero sottolineare che il volume ,   pubblicato nel 2001 da  EINAUDI ,     merita l’interesse degli insegnanti,   in mano ai quali  diventerebbe pretesto per profonde riflessioni   inserite in uno scenario letterario di pregio.  

 

Loretta Buda 

lunedì 1 novembre 2021

2 NOVEMBRE

 



Li ricorderemo tutti, ma un pensiero dedicato lo volgiamo a Loris e  a Corrado che continueranno a vivere nei nostri pensieri e nel nostro cuore. 





 
 

domenica 31 ottobre 2021

RIPRENDONO I NOSTRI LABORATORI DI SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA IN PRESENZA

 

Parolefatteamano riprende con i laboratori in presenza👏. Per iscriversi contattate la segreteria di parolefatteamano attraverso la nostra mail: parolefatteamano@gmail.com. Il laboratorio si attiverà con 8 iscritti e si chiuderà al raggiungimento di 15 partecipanti. 
Il laboratorio sarà presentato sabato 27 novembre 2021 alle ore 11.15 c\o la sala Punto Informazione Turistica, via Roma 3, Meldola







martedì 26 ottobre 2021

IN DOVEROSA MEMORIA

 


 

 

In  doverosa 

MEMORIA

 

                                                                             di    PAOLA BORGHESI 



In occasione del 77° anniversario della liberazione di Meldola l’ANPI ha deciso di portare dei fiori in tutti i cippi del   comune di Meldola , in cui si ricordano i caduti per mano dei nazi- fascisti :

·        Cimitero degli alleati 145 caduti

·        Lapide alla Fornace San Lazzaro 18 caduti

·        Monumento ai caduti della Resistenza

·        Casa del Popolo 1 caduto

·        Ponte dei Veneziani 1 caduto sul posto e 8 Meldolesi caduti fuori dal comune e ricordati in una lapide

·        Podere Masottini 2 caduti

·        Cippo Dozza 2 caduti

·        Cippo Rico’ 1 caduto

·        Cippo cimitero del Gualdo 3 caduti

·        CENNI STORICI SULL’ANTIFASCISMO E LA RESISTENZA NEL COMUNE DI MELDOLA.

 

La popolazione del comune Meldola ha dato un notevole contributo alla resistenza:

·        PARTIGIANI 240 (26 donne 214 uomini)

·        PATRIOTI 109 (11 donne 98 uomini)

 

Riconosciuti dalla Commissione Regionale Riconoscimento Qualifica Partigiani e Patrioti.

 

 

 

CADUTI 10

DEPORTATI IN GERMANIA PER MOTIVI POLITICI 5

GIULIA GARDINI

ERSILIA LEONI

NOE' SANTINATO

ANTONIO STRADA

ANTONIO ZECCHINI

CADUTI sui vari fronti di guerra (esercito regolare) 95

MUTILATI E INVALIDI DI GUERRA 94

PARTIGIANI E CIVILI UCCISI DAI NAZIFASCISTI IN MELDOLA 25

 

Numerosi furono anche i cittadini meldolesi imprigionati durante il periodo fascista e della Repubblica di Salò .

Numerosi furono anche i cittadini del comune di Meldola condannati dal tribunale speciale fascista al confino di polizia ed alla sorveglianza speciale fra il 1926 e il 25 luglio 1943. 

Inoltre il 5 luglio 1924 Pietro Venturi fu ucciso dai fascisti.

Meldola fu liberata il 25 ottobre del 1944, secondo un documento nell’Archivio Storico .

Altri parlano di date diverse, una per l’arrivo dei Partigiani forse il 21 ottobre


e una per gli alleati a fine ottobre.

I Meldolesi accolsero con gioia l’arrivo dei partigiani e degli alleati, che portarono la libertà dopo anni di lutti e sofferenze.

Fra i liberatori ci furono anche numerosi partigiani meldolesi: Battista Bertoni, Giancarlo Prati, Antonio Lazzarini e tanti altri ( chi conosce altri per favore me li segnali) coi quali ho avuto occasione di parlare ( Jader Miserocchi di Ravenna, Deroide Zattini di Civitella e Piero Betti di Forlì che ha scritto un interessante diario sugli avvenimenti di quei giorni).

Tanti ricordano con emozione la calorosa accoglienza della popolazione meldolese e il ballo in piazza al ritmo della musica importata dall’America.

Purtroppo la grande gioia di quel momento è offuscata dal dolore per la morte di tanti giovani, che sacrificarono la vita per portare a noi tutti la libertà e la democrazia (due morirono nei giorni della liberazione in una sparatoria con i tedeschi in fuga).

Dobbiamo ricordare per sempre il loro sacrificio e operare per mantenere la pace e la democrazia, difendendo la nostra Costituzione, nata dagli accordi fra tutti i partiti antifascisti .

 

Il ponte fu minato dai tedeschi in fuga allo scopo di rallentare l'avanzata degli alleati, che riuscirono a entrare in Meldola guadando il Bidente all'altezza dell' Istituto San Giuseppe.