martedì 26 dicembre 2023

LA VITA DELLE COSE

 Loretta Buda

partire dalle cose, le quali nella loro compostezza, nel loro silenzio docile, ci hanno dimostrato che le dimore autobiografiche vanno, innanzitutto arredate con le loro presenze.

Comporre una vita” F. Bateson

Durante il primo incontro con Astrid ed Ermes siamo capitombolati nell’infanzia, in quello successivo, il ritorno all’adolescenza è risultato meno dirompente, questo grazie alle particolarità anagrafiche che caratterizzano i partecipanti al gruppo. Per alcuni l’adolescenza è un’età che si colloca in un trapassato prossimo, per Camilla, ad esempio, appartiene all’altro ieri; io, la più anziana del gruppo, invece mi sono accomodata nel tempo imperfetto: un tempo narrativo per antonomasia. 

Per l’occasione, come richiesto dai conduttori, abbiamo portato un oggetto collegato alla nostra adolescenza. Oggetti che erano stati relegati in cassetti o appoggiati sulle mensole più alte delle nostre scaffalature; cose che, a nostra insaputa, assistevano rispettose, al trascorrere del tempo e alle trasformazioni che lo stesso ci imponeva.

Le cose entrando in dialogo, hanno acceso, nel gruppo, un cicaleccio vivace e divertente. Ognuno di noi, descrivendo la sua “cosa”, passava anche il filo della narrazione. Un filo che si spezzava e si ricongiungeva; quando la gugliata veniva riallacciata si arricchiva di aneddoti e/o spezzoni di vita. Forse, fra battimani e sguardi sorpresi, il discorso non risultava sempre “filato”, ma le nostre storie, immerse in un coro di risate, prendevano vivacemente forma.

Sebbene lo sapessimo, abbiamo avuto conferma che gli oggetti parlano di noi, hanno una storia che può essere raccolta e raccontata, una storia che si lega alla nostra, e che documenta il nostro essere stati al mondo e nel mondo. Ora che le abbiamo interpellate per la prima volta, dovremmo imparare ad ascoltare la loro voce, valorizzarle e rispettarle in quanto rappresentano frammenti di vita che, compostamente, arredano le nostre dimore autobiografiche. Concludo con una precisazione che raccolgo da Remo Bodei, il quale nel libro “La vita delle cose”1 distingue tra cose e oggetti. “Le cose sono ciò verso cui si opera un investimento affettivo, gli oggetti/merci rappresentano ciò che si contrappone ai soggetti.”

Le “cose” di Bodei hanno una valenza affettiva, mentre gli oggetti rimangono semplici valori d’uso e di scambio. Io appartengo a quella generazione che durante l’infanzia non conosceva la parola consumismo; gli oggetti diventavano subito “cose”, conservate con cura e l’usura o la rottura delle stesse veniva sempre riparata. Oggi si parla di “Kintsugi” cioè la capacità di riparare gli oggetti con l’oro, un tempo l’accomodare, il rimediare, l’aggiustare, era prerogativa di tutti: maschi e femmine. Le femmine intervenivano sui manufatti (cucito e tricottaggio), i maschi sugli attrezzi/ utensili. I vecchi di una volta l’oro lo avevano in bocca e nelle mani; preziosa era la determinazione a trovare soluzioni e a impratichirsi per riparare “ogni cosa”. Preziosi erano anche i loro silenzi, considerati una rassicurante e rispettosa vigilanza sulla pericolosità di uno sproloquiare superficiale e inconsistente. Non trovando una conclusione adeguata chiudo con la poesia di J. L. Borges: Le cose.


Le cose

Le monete, il bastone, il portachiavi,
la pronta serratura, i tardi appunti
che non potranno leggere i miei scarsi
giorni, le carte da giuoco e gli scacchi,
un libro e tra le pagine appassita
la viola, monumento d’una sera
di certo inobliabile e obliata,
il rosso specchio a occidente in cui arde
illusoria un’aurora. Quante cose,
atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi,
ci servono come taciti schiavi,
senza sguardo, stranamente segrete!
Dureranno più in là del nostro oblio;
non sapran mai che ce ne siamo andati
.


1 Remo Bodei, La vita delle cose, LATERZA

lunedì 25 dicembre 2023

GATTEO, MEMORIE DI UNA COMUNITA'

 Loretta Buda



Gatteo, memorie di una comunità è un progetto che nasce dalla volontà di recuperare, continuare e approfondire l’esperienza di IL PAESE RITROVATO; un intervento culturale che negli anni 2004 - 2005 ha favorito esperienze costruttive, coinvolgendo l’intero territorio di comunale in una ricerca sulla storia del paese a partire dalle memorie individuali. Al riguardo abbiamo inaugurato un nuovo percorso che si affiancherà al tracciato preesistente. Una nuova percorrenza che non si limiterà alla ricerca di fonti orali e scritte ma che sarà arricchita da fotografie e filmati d’epoca; immagini che avvaloreranno la storia delle nostre radici ridefinendo il centro di gravità del nostro vivere il paese e il mondo.

Ci muoveremo, in questo nuovo scenario, supportati dalle associazioni, PAROLEFATTEAMANO e SGUARDI IN CAMERA. La prima promuove e sostiene la cultura autobiografica e biografica, con particolare attenzione alla scrittura, la seconda, raccoglie e cura “memorie fotografiche”. Ogni fotografia infatti “ci dice” la vita che si dispiega intorno a noi, ma nel suo narrare racconta anche di ognuno di noi. Insieme ai biografi volontari cercheremo di ritrovare e ricucire le tracce di chi ha operato e vissuto in altri tempi, intrecciando segni e ricordi territoriali con racconti, testimonianze e fotografie. Narrazioni di vita che, il paese, nella sua apparente smemoratezza custodisce nel silenzio dei luoghi e nella riservatezza degli abitanti anziani. Nella piena consapevolezza che ci muoveremo in un ambito di “cura” prima di intraprendere l’avventura formativa in compagnia dei testimoni ci siamo affidati a Ermes Fuzzi e Astrid Valeck formatori della suddetta associazione PAROLEFATTEAMANO. Grazie a loro, a Silvia Savorelli e Giuseppe Pazzaglia, abbiamo riaperto quella “stanza” che vent’anni fa, accolse i testimoni, i biografi, le famiglie, gli alunni, e le alunne; stanza, intesa come spazio fisico e mentale, che nel tempo ha mantenuto una denominazione precisa: “IL PAESE RITROVATO”.