domenica 31 maggio 2020

ACCORCIARE LA DISTANZA

Come anticipato, eccomi qui di nuovo a raccontarvi di questa esperienza con i miei alunni* e di come essa ha avuto inizio.
I primi di febbraio, quando ancora le nostre scuola erano aperte, un gruppetto di alunne della classe 4^ della scuola Primaria “R. Follereau” dell'I.C. N°8 “Camelia Matatia**” di Forlì, appassionate lettrici e scrittrici, si era attivato per dare vita ad un giornalino di classe.
In questo tempo, in parte fatte di attesa, in parte di timori, in parte di noia il loro progetto è cresciuto ed ha individuato nuove prospettive.
Ai momenti di difficoltà si può reagire in modi differenti: ci si può lasciare abbattere e sopraffare, si possono cercare aspetti positivi che, anche se piccoli, in ogni esperienza ci sono e illuminarli o ancora impegnarsi e cercare soluzioni per far fronte ad una situazione che pare schiacciante.
Come fare a stare vicini e ad incontrarsi quando non si può uscire di casa? Come riempire queste lunghe giornate una volta terminato il proprio dovere scolastico, pulito di fondo ogni armadio, riordinato ogni cassetto dal garage alla soffitta e sperimentato ogni possibile ricetta culinaria?
Spente le tv e staccata ogni connessione che bombarda incessantemente con scenari apocalittici, ecco apparire la scrittura. Così nasce questo giornalino che, in breve tempo, raccoglie la collaborazione dei compagni.
Le pagine che questi giovanissimi alunni hanno preparato escono dalle case ed entrano in altre case; raggiungono le persone, portano riflessioni, curiosità e approfondimenti su quegli argomenti che a loro stanno a cuore.
Il giornalino, questo giornalino, è il modo che questi alunni hanno trovato per restare a casa e nel contempo tessere relazioni. Fare rete nella distanza e insieme raggiungere tutti: compagni, altri alunni e adulti.
Quest'oggi vi lascio con la scrittura di un'alunna, uscita sul n°0\marzo 2020 del nostro giornalino, il cui sguardo l'ha portata a cercare quanto di positivo ci potesse essere in una situazione complessa come quella che stiamo vivendo

Astrid Valeck


QUALCOSA DI BELLO SI TROVA ANCHE NEL BRUTTO
Sicuramente il problema del Coronavirus è gravissimo, ma a volte serve trovare il bello anche nel brutto per dare speranza ed ottimismo.
Sapete già tutti il pericolo del contagio per noi e per i nostri cari, e per questo io vi parlerò dei lati positivi dell'isolamento. In questo periodo di quarantena ho riscoperto la bellezza dello stare in famiglia: pranzare e cenare tutti assieme, condividere tutti i momenti della giornata, ridere e scherzare durante le serate in casa. Al mattino i miei genitori sono diventati i miei insegnanti e mia sorella è diventata come una compagna di classe. Assieme abbiamo riscoperto i loro giochi, quelli che facevano da bambini e non avevano mai tempo di insegnarmi,
abbiamo imparato a divertirci con poco ed abbiamo scoperto tanti angoli segreti della nostra casa. Io sono una bambina fortunata perché attorno a casa ho molto parco in cui potermi muovere e giocare, ed anche questo l'ho apprezzato di più in questi giorni. insomma, questa quarantena mi sta' insegnando ad apprezzare le
cose semplici, a godermi i miei genitori e a ringraziare per le cose che ho. Non lo avrei mai detto, ma oltre ai miei compagni, mi manca tanto anche la scuola. Per questo spero di tornarci presto, arricchita da questa esperienza e con tanta voglia di imparare!

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*attività condotta in Didattica a Distanza su piattaforma Gsuite
**Dirigente Scolastico: Maria Teresa Luongo

giovedì 28 maggio 2020

AUTOBIOGRAFIA...E DIDATTICA A DISTANZA

In questo tempo di chiusura delle scuole la classe 4^A della scuola Primaria “R. Follereau” dell' I.C. N° 8 “Camelia Matatia*” di Forlì si è dedicata alla scrittura attraverso la redazione di un giornalino**. Questo giornalino esce con regolarità, ogni settimana, dal mese di marzo 2020.
Nel corso dei mesi, attraverso le sue pagine sono stati affrontati tantissimi argomenti impegnando gli alunni e, coinvolgendo, un po' per volta anche tanti adulti.
Siamo ormai prossimi alla chiusura dell'anno scolastico e questa esperienza anomala di scuola “da lontano” chiede un bilancio.
La scrittura autobiografica si rivela un buon tramite anche a distanza e in questo presente tecnologico le sollecitazioni corrono attraverso wathsapp. I genitori si mettono all'opera e i loro contributi arrivano alla redazione dei giovanissimi alunni con la loro pluralità di sguardi.
Scrivo solo oggi di questa straordinaria esperienza con i miei alunni che è stata capace di tessere relazioni e vicinanza seppure nella distanza, con l'intenzione di fare un viaggio a ritroso e di raccontarvi come è nato e quale spazio ha avuto la scrittura di sé per questi alunni, per i loro familiari e per gli insegnanti.
Per oggi vi lascio con la scrittura di un papà dedicata alla scuola e apparsa sul n°8/maggio 2020 del giornalino.
Astrid Valeck

Sarà capitato anche a voi!
La distanza da quella che consideravamo normalità, mi ha dato il tempo, la voglia ed a volte la necessità di ripensare alla “mia” scuola.
Difficile non essersi trovati costretti a recuperare qualche nozione delle elementari per “aiutare” i nostri figli, e con loro sono riaffiorati anche tanti ricordi.
Nei primi giorni, come mi capita spesso, rispolverando i ricordi della scuola, i pensieri erano tutti positivi, spensierati e rassicuranti...
Credo che il passato venga sempre ovattato, quando lo si ripercorre, e le cose belle sono le prime a tornare a galla...
Poi, per colpa del calcolo dell’area, delle operazioni con la virgola e le ricerche fatte con l’enciclopedia, i parallelismi con la mia scuola e quella di oggi sono stati obbligati.
Non mi soffermo sul cambiamento della tecnologia che ha trasformato l’enciclopedia in  Wikipedia, le telefonate a casa, con risposta dei genitori, in una videochiamata di gruppo, ma sulla differenza di contesto.
Eravamo molto più autonomi, perché eravamo figli di genitori con la terza media, che consideravano la possibilità di andare a scuola il successo dei loro sacrifici!
Eravamo “obbligati” a studiare, impegnarci e crescere per dimostrare a loro il nostro riconoscimento. Sì é vero, non sono nato nel ‘800 e nemmeno cresciuto in una baracca, ma quel senso di responsabilità me lo ricordo.
Mi ricordo l’impegno nel fare i compiti e la soddisfazione nel vedere le buone valutazioni, ma ancor più soddisfazione era vedere la faccia dei miei genitori nel leggerle.
Mi ricordo quante volte mi sono sentito dire che quello era il mio lavoro, e che non potevo giocare o svagarmi prima di averlo finito.
A scuola c’era più distacco con gli insegnanti, un rapporto di rispetto e paura, loro erano i nostri giudici e non si dava confidenza a chi dettava il nostro futuro, sì perché le estati erano segnate da quella pagella che a giugno decideva l’estate che avrei passato.
Oggi come genitore forse non sono in grado di esser giusto con le mie figlie, abbastanza severo nel rispetto delle regole e sicuramente sono più permissivo del dovuto, ma come si dice: quello del genitore è un lavoro difficile!
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*Dirigente Scolastico Maria Teresa Luongo
** attività realizzata in Didattica a Distanza (DaD) su piattaforma Gsuite.

venerdì 1 maggio 2020

VADO A MEMORIA






Vado a memoria 


(...)Vorrei essere ragazza
con fiori e tanti domani
da regalare a piene mani
ma per ora basta oggi
e adesso
e noi
e niente di più
che un primo maggio in TV
Janna Carioli



Loretta Buda

Vado a memoria e ripenso ai tanti   mesi di Maggio della mia giovinezza, a quando la terra si dava senza ritegno: espandeva chiome, esplodeva colori, diffondeva profumi.
Ricordo il Maggio devoto nella preghiera serale delle cellette, rammento le poesie proposte dalla maestra :   liriche devozionali  o poesie    in rima baciata fino ad arrivare, in quarta classe,  alla monumentale poesia: il  “5 MAGGIO” di Alessandro Manzoni.
Dal 5 Maggio faccio idealmente scorrere a ritroso il dito sul calendario e mi fermo  al 1^ Maggio e  alla sua festa. 
Ricordo lo sventolio di bandiere rosse che nelle strade di periferia   incendiava l’aria e mortificava i colori dei fiori sbocciati nei giardini.
Lungo la Via Cesenatico che, partendo da Gatteo, attraversava Sant'Angelo le bandiere venivano fissate ad ogni albero che fiancheggiava la strada; gli automobilisti che percorrevano i pochi chilometri che distanziavano Sant’Angelo da Sala di Cesenatico venivano distratti da una rossa esultanza che per alcuni era motivo di orgoglio, per altri, invece causa di forte  disagio.
Però   la consuetudine veniva   accettata e riconosciuta nel suo significato più alto: il lavoro era necessario e sacro ed era giusto solennizzarlo. Ricordo anche che, dagli anni 80 fino al 90, gli iscritti al PCI passavano di casa in casa offrendo, a fronte di una piccola donazione, un garofano rosso e una copia dell’Unità; il 1^ Maggio , che affondava le sue radici nei riti propiziatori pagani, negli anni aveva assunto una forte valenza politica.   
Infatti, era anche il giorno dei raduni. In piazza c’era sempre un comizio; la voce dell’oratore mi giungeva dalla piazzetta attraverso il cortile della Giovanna del forno insieme alle note di “Bandiera Rossa” intonata   alla fine del comizio.
a anni però  il 1^ Maggio ha smesso gli abiti della festa;    non si tengono più comizi,( almeno qui in paese)  le bandiere rosse non vengono più esposte, nessuno   intreccia   rami di pioppo   alle finestre  per impedire l’ingresso delle formiche in casa : in paese è tornato a regnare    il silenzio  dei giorni ordinari. 
A prescindere da fede religiosa o politica eravamo abituati a festeggiare il 1^ Maggio, “con gli altri”:  parenti colleghi , amici e conoscenti. Ancora una volta l’emergenza coronavirus offusca il senso di questa festa e  ci  nega il piacere di festeggiare e ricordare , tutti insieme,     che la nostra Repubblica si fonda sul lavoro.  
Ancora una volta si profila l’allestimento di piazze virtuali senza i tradizionali e colorati bagni di folla . Per non pensare al silenzio   pesante e   destabilizzante che grava sulla quotidianità COVID “vado ancora a memoria” e recupero il ricordo di quando nel 2016[1] Astrid ed Ermes, ospiti della biblioteca Ceccarelli di Gatteo, presentando l’associazione PAROLEFATTEAMANO,   ” introdussero anche il percorso di raccolta di storie , che io  e Natalia Fagioli avevamo intrapreso presso la casa di riposo Arturo Fracassi di Sant'Angelo.
 Quelle storie che avevano come argomento il lavoro, da anni celate in un  cassetto, oggi ritrovano la ribalta nello spazio virtuale che la biblioteca Ceccarelli ha riservato loro.  I  nonni e le nonne di Casa Fracassi con i loro racconti ci hanno offerto la possibilità di riflettere sull’importanza di questa giornata. L’interesse della ricerca era focalizzato sulle esperienze lavorative, ma nel raccontarsi la  vita dei testimoni  è entrata prepotentemente nelle narrazioni confermando che “ogni vita merita un romanzo”.  A conclusione auspico che le storie raccontate creino risonanze   e riflessioni collettive e rivolgo un pensiero augurale    ai nonni, alle nonne e ai tanti lavoratori e alle tante lavoratrici      perché riescano  a superare  le difficoltà sanitarie ed economiche  che affliggono questo di questo pesante momento storico e  possano presto  affermare  con le parole di E.B. “ me la sono sgavagnata”.








[1] 21 aprile 2016 








[1] 21 aprile 2016