Pubblichiamo qui di seguito la bella lettera inviataci da Francesca "French" Abbiati quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica da poco conclusosi.
Il prezioso contributo di Francesca entra a pieno titolo nell'insieme di riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi.
Il lockdown di marzo è arrivato a una sola settimana di distanza dall’inizio dell’edizione primaverile di “Raccontarsi”*, che ci avrebbe di nuovo uniti, su quei tavoli disposti a semicerchio, pronti a esplorare i nostri ricordi e a vedere cosa sarebbe emerso dal cilindro della memoria. Io al corso non mi ero ancora iscritta, in attesa di capire meglio l’entità degli impegni lavorativi di quelle settimane, ma la notizia che non sarebbe iniziato mi ha rattristata. Ecco perché, quando il 16 marzo è arrivato nella chat whatsapp il messaggio di Ermes Fuzzi con la proposta di realizzare il laboratorio via mail, ho accettato subito. È stato il tema succulento a catturarmi inizialmente (“il libro che ami”), ma credo che la spinta fondamentale sia stata il desiderio di continuare a sentirmi parte viva di questo gruppo, dato che all’ultima edizione del laboratorio non avevo potuto partecipare. Così, un po’ titubante, ma con l’entusiasmo delle partenze, comincio a scrivere.
Ogni lunedì, per cinque lunedì, il piccolo gruppo che ha accettato la sfida è unito nell’attesa trepidante della mail di Ermes, che raccoglie stralci dei nostri scritti della settimana precedente e manda nuovi input per quella successiva. È divertente provare a indovinare le autrici dei brani riportati: alcune si riconoscono al volo, per altre serve una lettura più attenta. Conosco bene alcuni dei libri scelti dalle mie compagne di viaggio, mentre altri mi incuriosiscono e credo li cercherò in biblioteca appena possibile. È bello anche scoprire quali stralci dei miei scritti sono stati selezionati, quali hanno colpito chi li ha letti e cosa hanno saputo trasmettere.
Il silenzio totale che circonda le nostre case durante la quarantena aiuta la concentrazione. È una situazione molto diversa dal solito, quando scriviamo in gruppo. Da un lato, ora non abbiamo limiti di tempo e possiamo abbandonarci ai capricci della penna per tutto il tempo che vogliamo, scrivendo e correggendo, tagliando e aggiungendo. Dall’altro, però, manca la magia che si crea nella condivisione del luogo e dell’atmosfera, anche se quando si scrive, pur gomito a gomito, ognuna si immerge nel proprio mondo, fuori dallo spazio e dal tempo. Poi manca la bellezza del testo letto ad alta voce dall’autrice (o autore!), unica a saper imprimere alle parole la giusta intonazione ed emozione, tale da rendere ogni brano un capolavoro, indipendentemente dallo stile in cui è scritto. Rimane, però, la riposante certezza dello scrivere sapendo che qualcuno leggerà, sapendo che qualcuno prenderà in carico la parte di cuore che hai spalmato sul foglio. Perchè parlare del libro che si ama significa anche parlare di se stessi, almeno un po’. E scrivere – io credo – è sempre in qualche modo scrivere di sé.
Ogni settimana la sfida proposta sembra più difficile rispetto alla precedente e ogni volta che mi metto davanti alla pagina bianca penso che questa volta non scriverò proprio nulla. Invece poi le parole escono da sole, quasi di getto, come se fossero evocate per magia. Mi dico che deve essere l’influsso delle mie compagne di laboratorio, che anche a distanza mi stimolano a raccontarmi, come quando siamo tutte insieme. Come sempre, nonostante la consegna di scrittura sia unica per tutte le partecipanti, emergono le modalità di risposta più diverse che si possano immaginare, e non solo perché si parla di libri diversi (raccolte di poesie, racconti, romanzi,…): ognuna di noi mette se stessa nella penna e si lascia trasportare dai ricordi e dall’immaginazione. Tutte ci mettiamo in gioco con serietà, ma anche con leggerezza e ironia, perché scrivere ci fa stare bene e questo, leggendo le nostre pagine, si sente.
L’ultima puntata del laboratorio arriva – come sempre – troppo presto, anche se siamo ormai alla fine di aprile. È stato un bel viaggio. È stato innanzitutto un modo per sentirsi vicini. Un modo per evocare ricordi sepolti chissà dove. Un’occasione per rileggerlo, quel libro amato, che forse stava chiuso su uno scaffale da un bel po’. Un modo, anche, per mettere in moto la fantasia e i pensieri positivi, per riportare alla mente i ricordi belli, quelli che ci fanno sorridere. Perché mai come in questo periodo c’è stato bisogno di sorridere, di immergerci in ricordi buoni, di usare la fantasia e volare con essa, immaginando un finale alternativo anche per quello che stiamo vivendo e che ancora non sappiamo in che direzione andrà.
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* "Raccontarsi ...a distanza" è il titolo del laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto online dal nostro esperto e formatore in metodologie autobiografiche e biografiche territoriali Ermes Fuzzi
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