sabato 25 aprile 2020

RACCONTARSI ...A DISTANZA

laboratorio di scrittura autobiografica a distanza 
a cura di Astrid Valeck ed Ermes Fuzzi


L’emergenza sanitaria attualmente in corso non ci ha consentito il solito laboratorio primaverile in presenza che da anni organizziamo in collaborazione con La Rete Magica Onlus di Forlì.
La scrittura però è un mezzo potente, permette di uscire e raggiungere chi è lontano; così abbiamo pensato di proporre comunque il nostro laboratorio di scrittura autobiografica ma ...a distanza, cioè svolto completamente via mail.
È stato qualcosa di insolito anche per noi, costruito strada facendo insieme ai partecipanti. 

Alcuni principi ci hanno guidati: rispondere alle richieste di chi aspettava il nostro appuntamento, non lasciare da solo nessuno e promuovere aiuto reciproco tra persone che già si conoscevano. 
Abbiamo mantenuto il consueto appuntamento settimanale, anche nei giorni di festività e arrivati ormai in fondo a questa avventura non possiamo che esprimere la nostra gioia per la ricchezza delle emozioni e delle scritture via via pervenute.
Tra qualche mese ci organizzeremo per la consueta restituzione alla cittadinanza, certo avrà caratteristiche differenti dal solito ma non per questo meno coinvolgenti.


mercoledì 22 aprile 2020

.... e la festa? Dov 'è la festa?







            ... e la festa? 
                          ...Dov 'è la festa? 










Non so come iniziare; non vorrei ricordare la pandemia ma non posso esimermi dal farlo.
Devo nominare quel  virus   che cancella i santi dal calendario,  oltraggia il genere umano e stermina   proprio quella generazione che, ancora bambina, si era asciugata le lacrime dopo il '45: la generazione di coloro che hanno risollevato l’Italia.
Come scrive Scurati sul “Corriere della sera ”   Si erano affacciati alla vita sotto l’oppressione di Hitler e di Mussolini e la hanno lasciata sotto il segno di un acronimo impersonale, il Sars-CoV-2. Furono battezzati con il fuoco di un mondo in fiamme e moriranno senza l’estrema unzione in una desolata, asettica corsia d’ospedale”. 
 Altro non voglio aggiungere, non saprei cosa dire! Tutto sembra già detto e ripetuto: i riti cancellati, le lezioni a distanza, le festività annullate, i distanziamenti,  le chiese deserte, i negozi chiusi, le strade silenziose ,  le piazze vuote.
Fra due giorni, il 25 aprile, le piazze saranno ancora vuote. Quella delle Liberazione è una ricorrenza  che,anno  dopo anno, ci ha offerto la possibilità di ritrovare una memoria supportata dal concetto di libertà  e ci ha permesso  di festeggiare la data di nascita della nostra democrazia. Una memoria capace di unire i contributi e i sacrifici di tutti gli uomini e di tutte le donne che con la loro determinazione hanno permesso queste conquiste.  
Piazze e strade che, nel 1945  furono   scenario e   cassa di risonanza  di una gioia dilagante, quest’anno saranno deserte . Per celebrare  il 75^ anniversario della Liberazione   saranno allestite grandi piazze virtuali , così il virus non ci contagerà, ma non potremo sperimentare il piacere di vivere o assistere al chiassoso e gioioso assembramento che ha sempre animato i parchi, le piazze e i teatri.    Mi sembra assurdo pensare alla “festa” senza le celebrazioni o gli eventi culturali   che ricordano l’impegno  dei partigiani,  dei soldati e della popolazione civile , purtroppo quest’anno “i pensieri”  sono altri ma il ricordo, la memoria non saranno  cancellati da tutto questo.
Per celebrare questa ricorrenza ho scelto una poesia di Pietro Calamandrei, uno dei nomi simbolo della Resistenza oltre che uno dei padri della nostra   Costituzione.
  


25 aprile 1945


Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.



Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.



giovedì 9 aprile 2020

pasqua 2020









Con il cuore colmo di speranza

  porgiamo i più cari 

  auguri 

 di serena rinascita. 


domenica 5 aprile 2020

Domenica delle palme 2020.




DOMENICA DELLE PALME 2020





Loretta  Buda

Quando, un mese fa presentai  la poesia “9 marzo 2020”, mai avrei immaginato che l’epidemia di allora si sarebbe trasformata in pandemia. In quei giorni c’era un pericolo strisciante che chiedeva prudenza e attenzione; atteggiamenti  che per essere compresi e   interiorizzati  necessitavano i norme e regole precise.  Il virus però è riuscito a superare ogni steccato normativo   sconfinando     da un continente all'altro.
 Oggi 5 Aprile, nonostante le severe misure di restrizione alla libertà di movimento, ci troviamo con gli ospedali strapieni e le chiese vuote, le piazze deserte e i parchi chiusi, gli obitori stracolmi e i cimiteri interdetti, le strade senza auto, gli aeroporti senza viaggiatori …
 L’elenco potrebbe continuare, ma preferisco fermarmi. Oggi, domenica delle palme, la primavera con i suoi profumi e i suoi colori esubera però noi possiamo ammirarla solo dalla finestra nella quale si ritaglia un cielo dall'azzurro sconfinato.
Questo preambolo per dire …. che oggi, in questa domenica di sole, mi manca “quel trascurabile momento di felicità” che sbocciava, ogni anno durante il rito della benedizione delle palme. Ho recuperato una riflessione scritta anni fa, a commento del vangelo di Giovanni   rileggendola mi sono pacificata con le turbolenze emotive di questi giorni, La propongo con profondo senso di umiltà e rispetto per chi non si riconoscerà nella mia proposta.  
   









Gesù entra a Gerusalemme, un ingresso a dorso d’asino, un’umile cavalcatura che lo esibisce come il pacifico re dei semplici. Per lui, i semplici, hanno strappato i rami delle palme, hanno disteso lungo la strada i loro mantelli e lo festeggiano inneggiando al Figlio di Davide. Gli anziani sono nel palazzo dominati da propositi di morte.
Preparate vasi ai davanzali,
stendete da balcone a balcone
ghirlande di glicine e magnolie:
o gente, affacciatevi alle porte,
torno ora dai campi e il corpo
è un fascio solo di profumi.
(…)David M. Turoldo
Gesù procede muto e triste in mezzo alla folla, conosce l’inaffidabilità delle masse acclamanti: la piazza non ha radici. Tutto è predisposto perché la Volontà del Padre si compia. I trent’anni di vita familiare sono trascorsi, i tre di vita pubblica hanno avuto luogo. Gesù guarda la folla indistinta pensa alla sua vita: alla quotidianità domestica, all’odore dei trucioli, al sapore del pesce, alla stanchezza della strada; il suo pensiero svaga dalla pianura, alla montagna, ripercorre le strade di un cammino vissuto.
«E’ bella la terra che tu hai dato all’uomo(…)
Io non sono di questo mondo
Eppure non potevo se non teneramente amarla […]
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
E’ bella e terribile la terra […]Luzi
Il coronamento di una vita sta per avere luogo, trenta e tre anni per permettere all’albero della croce di prepararsi in durezza. Di anno in anno, nelle paludi i canneti si sono rinnovati, tante canne sono spuntate, ora qualcuno sta scegliendo lo scettro della derisione. Nella macchia i rovi si contendono l’intreccio per la corona. La cena finirà presto. Tutti si alzeranno in fretta con ancora in bocca il gusto del Pane; entreranno con lui nell’ oscurità del giardino: il commiato è in atto.
Sono stasera insieme a voi per dire:
io sono fratello di ogni peggio
che sta in un uomo, dentro di me e in ognuno,
da fratello gemello.
Amo chi d'improvviso si vergogna
butta le mani in faccia
e cosi sconta.Erri De Luca
Anche Giuda è pronto, a labbra serrate trattiene il bacio della consegna. Lacerando il silenzio della notte dell’orto, il gallo canterà non una ma tre volte.
Perfino gli olivi piangevano
quella Notte, e le pietre
erano più pallide e immobili,
l'aria tremava tra ramo e ramo
quella Notte. David Maria Turoldo

Il cielo si sta preparando, la luna in gramaglie affonda nell’oscurità. Anche Gesù è pronto ma in quella notte flagellata dal vento, dice: «Padre, se è possibile... ».
Tu sei dovunque;
ma dovunque non ti trova.
Ci sono luoghi in cui tu sembri assente
e allora geme perché si sente deserto e abbandonato […]Luzi
E lui stesso teme ciò che dall’eternità sapeva, dall'eternità attendeva il compimento, ed ora lo riconsiderava sotto la cupa volta del cielo. Neppure Pilato riposa; ma ormai tutti, uomini e donne, sono stati convocati, gli attrezzi sono pronti, la piazza si dispone all’evento, le donne sono prossime al pianto.
Maria da tre giorni piangeva.
Piangeva, piangeva.
Come nessuna donna ha mai pianto.
Nessuna donna.
Ecco cosa aveva reso a sua madre. .
Peguy

“Una spada ti trafiggerà l’anima”, lei lo sapeva e da sempre temeva questo tempo di spavento. Lo avevano accolto, il figlio, in un tempo di immense promesse, ora lei è sola in questo tempo concluso.

Era scaduto
il tempo, divorato dallo sputo
che cancellava il figlio conosciuto.(A.Nove)


Ora Gesù ha davanti a sé la salita. E’ difficile tenersi in quel cammino, si vacilla, si cade; smisurata è l’offesa del mondo, pro-vocante e irrinunciabile la volontà del Padre- La via dolorosa si snoda su una montagna scoscesa, Lui barcolla, vacilla, cade tre volte. La creazione ha sospeso il suo respiro, la luce screpola in un cielo stordito con gli angeli esitanti. La folla gli fa ala e rumoreggia.


Camminava sull'acqua, riempiva le reti,
i pescatori lasciavano il mestiere per seguirlo.
A una festa di nozze mancò il vino e provvide,
acqua in vasi di pietra si girava in vino. (Erri De Luca)


L’uomo di Cirene lo solleva dal legno: così vogliono. Deve sbiadire lassù, sulla croce, pallido di freddo deve percorrere il suo martirio fino alla cima.


Padre
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.

Il buio arriva improvviso e fragoroso. Un cielo in caduta accoglie il suo grido:-Dio mio, Dio mio…. Dopo l’affanno, un respiro arreso, reclina il capo e vede la madre.

Madre, prima che taccia
la sera madre abbracciami. .(A. Nove)

La grande tempesta ora è alle sue spalle, e a poco a poco la notte si riempie di silenzio, non c’è più posto per le parole; il dolore si raddensa in speranza, la pietà si avvolge in dolcezza. Essi assicurano il sepolcro con la pietra. Ora,

c’è una stella nel taglio
orizzontale che unisce
l’ombra alla sua ombra
e la porta è un uovo
di luna, luce bianca
che canta
il libro delle ali. Gianluca Chierici