domenica 23 aprile 2017

VERSO IL 25 APRILE

Loretta Buda


 Oggi, giornata mondiale del libro, propongo  la lettura, forse per molti la rilettura,  del romanzo : “L’Agnese va  a morire”. La scelta non è casuale; oggi, 23 Aprile , siamo ad un passo dal 25 , data maiuscola della nostra storia.   Il libro si configura come un  documento prezioso per far capire ai più giovani, ai  non più giovani e ai ragazzi delle scuole che cosa è stata la Resistenza perché essi possano ricordarlo  sempre, non solo ora  o nei 25 Aprile che verranno.
«Una sera di settembre l’Agnese tornando a casa dal lavatoio col mucchio di panni bagnati sulla carriola, incontrò un soldato nella cavedagna. Era un soldato giovane, piccolo e stracciato. Aveva le scarpe rotte, e si vedevano le dita dei piedi, sporche, color fango. Guardandolo, l’Agnese si sentì stanca. Si fermò, abbassò le stanghe. La carriola era pesante».
 L'Agnese va a morire è un romanzo scritto da  Renata Viganò, pubblicato nel 1949, forse di ispirazione autobiografica;  l'autrice, infatti,  fu   una partigiana della Resistenza. 
È una delle numerose testimonianze del periodo, scritto da una donna che partecipò attivamente a quel momento storico. Agnese, “dalla faccia bruciata dall’ aria”, contadina delle valli di Comacchio che poco o nulla sa di politica, è costretta dalla malattia e debolezza del marito, che passava le ore seduto a   fabbricare scope, intrecciare cesti e impagliare  fiaschi, a faticare per due .
“Era l’unico lavoro che poteva fare: da giovane era stato molto ammalato”.

Quando i nazisti lo portano via( morirà poco dopo) l’Agnese sviluppa un odio irrefrenabile nei confronti dei tedeschi, avversione   che si esaspera quando un soldato nazista ubriaco uccide, per gioco,  anche il gatto nero che il marito le aveva affidato prima della deportazione. L' odio che Agnese ha dentro esplode: uccide il soldato con il suo stesso mitra rompendogli la testa, poi si rifugia con i partigiani, facendo loro da mamma e vivendo in prima persona le fughe, i rastrellamenti, l’essere ostaggio e infine ... “va a morire” .

“Nasceva invece in lei un odio adulto, composto ma spietato, verso i tedeschi che facevano da padroni, verso i fascisti servi, nemici essi stessi tra loro, e nemici uniti contro povere vite come la sua, di fatica, inermi, indifese”.

Da fonti autorevoli il libro   è considerato un romanzo neorealista, una  cronaca   narrata  con uno stile colloquiale e un lessico semplice nel  quale  si riconoscono  inflessioni del parlato quotidiano e del dialetto: uno o stile, definito da Calvino «limpido e preciso» e «adatto ad una diffusione di massa”. 
Dal momento che la mia è solo una proposta di lettura , preferisco concludere con le parole di Sebastiano Vassalli  che nell’ introduzione al libro  scrive:


 "L'Agnese va a morire è una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall'esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza [...].Più esamino la struttura letteraria di questo romanzo e più la trovo straordinaria. Tutto è sorretto e animato da un'unica volontà, da un'unica presenza, da un unico personaggio [...]. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all'interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra [...]." (S. Vassalli)

venerdì 14 aprile 2017

Pasqua 2017




 «E’ bella la terra che tu hai dato all’uomo
e alle altre creature del pianeta
scelto per loro in mezzo all’universo.
Io non sono di questo mondo
Eppure non potevo se non teneramente amarla […]
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
E’ bella e terribile la terra […]
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.


MARIO LUZI 
Via Crucis 6; 12.