“A
sem pri murt!”
Siamo
per i morti
Siamo
per i morti; le giornate scivolano lente come i grani del rosario fra
le dita delle donne. Novembre che si consuma nel grigio della
campagna nebbiosa, nell’uniformità delle sue ore: monotone come
interminabili litanie. Novembre con le sue corone di rosario,
lunghissime noiose, sfinenti.
Ave
Maria, gratia plena Dominus tecum.
Io sono lì, nella cucina buia della nonna; il lume a petrolio è
stato abbassato, nel focolare le braci sono state attizzate.
Benedictus
fructus ventris tui.
C’è qualcuno nella zona più buia della cucina che recita il
rosario. E’ la nonna che, con i suoi vestiti neri, viene assorbita
dall’ombra cupa dell’angolo del tagliere. Gli uomini non ci sono.
Forse c’è il nonno. Infatti, è seduto sulla panca sotto la
finestra che dà sui campi. Lui è mite e vecchio, guarda il buio e
prega.
Pater
noster, qui es in caelis.
Io sono qui per caso, non abito qui e non ho una collocazione
precisa. Mio cugino Riccardo tamburella con le dita sul legno del
tavolo, la zia Lea gli passa accanto e, nello spazio fra un Sancta
Maria, Mater Dei
e l’immediato ora
pro nobis peccatoribus,
riesce ad allungargli uno scappellotto e a dirgli:- Arspond.
La
zia Anna è seccata, importunata dal rumore alza il tono della voce
declamando:- Glória
Patri et Fílio.
Le spose si adattano con diverso coinvolgimento a questa pratica
devozionale.
La
zia Anna che è più devota si dedica alla preghiera con anima
fluttuante e corpo immobile; la zia Lea, che pia non è, mal sopporta
quella penombra densa e quella penitenza serale, prega distraendosi
con il rammendo. Anche sua figlia Isora si badalocca con qualcosa;
non vedo cosa tiene in mano, ogni tanto risponde alle preghiere.
Io
cosa faccio? Sono seduta vicino al tavolo con le gambette composte,
la schiena eretta e ben appoggiata alla spalliera della sedia .Ogni
tanto un piede mi sfugge dal piolo-prima l’uno poi l’altro- e
ogni volta li ricolloco cercando di non fare rumore. Io sono andata
all’asilo dalle suore ed ho imparato come si sta fermi durante la
recita del Santo Rosario; non sono come loro che non sanno rimanere
composti. Io rispondo alle preghiere con devozione e serietà tenendo
in mano la coroncina del rosario che l’Isora mi ha prestato.Mi ha
rassicurata dicendo che a lei non serve perchè e grande. Non sono
proprio convinta, ma le credo. Anche la sua mamma , la zia Lea, che
è più grande della zia Anna, non tiene la corona in mano. Controllo
sempre più spesso, senza farmi vedere, quanto manca all’appendice
della corona. Per fortuna siamo alla fine: sono annoiata, ma non oso
neppure pensarlo!
Dal
buio dell’angolo un tramestio richiama la mia attenzione, è la
nonna che si alza per recitare le litanie. Gira la sedia e,
tenendola inclinata, appoggia un ginocchio sulla seduta impagliata.
Prima delle litanie c’è la Salve Regina :-Salve,
Regina, Mater Misericordiae,
la nonna si interrompe- Ginoin- e riprende….vita,
dulcedo, et spes nostra, salve.
Ha richiamato il nonno che è rimasto seduto sulla panca con lo
sguardo sconfitto dal buio. Si alza un po’ stordito e partecipa ad
alta voce. Quello delle litanie è un momento dilettevole, però
non posso dirlo a nessuno, le suore ripetono sempre che, quando si
prega, bisogna pensare solo a Gesù……..senza svagarsi! Io invece,
mi diverto immaginando cosa vorrà dire eleison.
Comincio con Kyrie
eleison e,
senza privarmi di nessuna implorazione, arrivo a Virgo
predicanda.,
Janua
coeli...e,
un po’ alla volta, un ora
pro nobis dopo
l’altro,
scivolo
fino alla fine del rosario. Veramente non è finita, ci sono anche
tutte le invocazioni per i defunti.
“A
sem pri murt!”Appunto,
siamo per i morti, quindi c’è anche quella fila interminabile di
requiem. Eterno riposo per tutti: per lei, per lui, per loro, per
tutti i parenti, per i vicini di casa e per le anime purganti che non
vengono pregate perché dimenticate.
A
sem pri murt,
si dovrà pur pregare per i morti che hanno attraversato sospiranti e
gementi questa valle di lacrime? La nonna l’ha detto così bene
nella Salve Regina:- A
Te suspiramus, gementes, et flentes in hac lacrymarum valle.
E’ brava la nonna, prega in latino per i morti di tutti. Non è
andata a scuola, parla solo il dialetto e conosce solo due parole in
italiano: Montevecchi Adele . Però il latino lo “dice” bene e,
pur non sapendo né leggere e né scrivere, recita sempre le
preghiere sfogliando un libro scritto tutto in latino. Non ha
imparato a scrivere, ma a cosa le sarebbe servito? Se dovesse
firmare, cosa alquanto improbabile, potrebbe sempre tracciare una
croce, anche quella le verrebbe bene. La disegnerebbe con attenzione
e devozione …. sulla croce è morto Gesù .
Loretta
Buda