Oggi è il turno di Loris e don Mauro.
Dall'introduzione di Loris Venturi
La
narrazione “confessione” traccia il profilo di una personalità
volitiva, positiva, alla ricerca di quell’unica sinfonia cui dà
piena dignità la copertina del libro dei canti della comunità
cristiana meldolese. Questa narrazione è figlia di una scelta di
vita e di un ministero sacerdotale nati dall’umiltà di don Mauro e
dalla sua indefessa volontà di valorizzare e porre grande attenzione
alle vite dei più deboli. Ha mostrato la strada ad altri fedeli ed
ha compiuto atti simbolici di grande valore umano quando, per fare un
esempio tra i tanti che potrei citare, ha portato sulle vette della
Marmolada, o in cima alla Basilica di San Pietro, persone con
gravissime problematiche di salute per le quali sembrava impossibile
compiere azioni simili.
Brano tratto dalla narrazione di don Mauro Petrini
"UNA SCELTA DI VITA"
Sono
don Mauro Petrini, che all’anagrafe risulto Lodovico Petrini,
perché mio babbo, quando nacqui il 27 Luglio 1948, si presentò
negli uffici comunali e mi dichiarò col nome LODOVICO. Così si
chiamava il mio fratellino, nato nel 1943 e morto nel periodo della
guerra per complicazioni in seguito a tosse convulsa. Ma al ritorno a
casa le mie sorelle di 12, 13 e 15 anni dissentirono: “No!
Perché quel nome? Va a finire che muore anche Lui!”. E così
fui battezzato col nome di Mauro e sono sempre stato chiamato Mauro.
Ma a sei anni, quando andai a scuola in prima elementare, feci la
brutta scoperta: sul registro comparivo col nome di Lodovico e così
l’insegnante mi chiamò all’appello. Ricordo la mia sorpresa e il
divertimento dei miei compagni che allora mi prendevano in giro
canzonandomi col detto: “Lodovico, sei dolce come un fico”.
Infanzia
povera ma felice
Sono
nato e cresciuto in una famiglia numerosa, decimo di undici figli. Ho
vissuto la mia infanzia in campagna con lo stretto necessario per
vivere: con la coltivazione del piccolo poderino di cui era
proprietario, mio babbo ha fatto crescere con dignità tutti i suoi
figli. Poi ognuno ha fatto la sua strada e si è incamminato nella
vita. Eravamo una famiglia numerosa che viveva in campagna gustando
la gioia di una profonda libertà: si giocava insieme tutti, anche
coi vicini di casa, ai giochi più innocenti di questo mondo. Ricordo
Pum Libero… Sento di aver vissuto un’infanzia
molto bella e felice, anche se caratterizzata da una grande
ristrettezza economica. Negli anni Cinquanta si tirava ancora la
cinghia, soprattutto in una famiglia numerosa, anche se la vita
in campagna ha garantito sempre un po’ di pane ed un po’ di
companatico; di questo dobbiamo dire grazie al Signore. Si cresceva
con l’essenziale e le cose naturali: ci si accontentava e si
imparava ad accontentarsi di quel che si poteva godere. L’infanzia
e la fanciullezza si sono svolte in questo modo ed hanno influito
molto sulla mia formazione.
[..]
La
prima scelta
Come
primo ambito per il mio servizio sacerdotale chiesi al Vescovo di
andare in Germania per assistere gli emigrati italiani, insieme a mio
fratello sacerdote don Pier Paolo, che già da dieci anni era
missionario per gli emigrati. Ho fatto questa scelta perché già
durante le vacanze negli anni precedenti la mia ordinazione
sacerdotale ero andato più volte nelle missioni italiane dove
operava mio fratello: avevo visto il vasto campo di azione e mi
attirava la possibilità di mettere a servizio di questi fratelli più
bisognosi le mie giovani energie. Don Pier Paolo aveva la
responsabilità della missione italiana di Offenbach, comprendente un
vasto territorio popolato da circa 10.000 immigrati italiani nelle
immediate vicinanze di Francoforte sul Meno. È stato il mio primo
impatto con tutti i problemi che l’emigrazione italiana poneva in
quegli anni anche là in Germania: i problemi dell’accoglienza in
un Paese straniero, la difficoltà della comunicazione a causa della
scarsa conoscenza della lingua tedesca, i problemi del lavoro,
dell’abitazione, la riunificazione di tante famiglie, la difficoltà
per l’inserimento dei figli nella scuola, ecc… Per il problema
scolastico avevamo impostato una scuola bilingue che aiutasse pian
piano i bambini, da una parte a non perdere le radici della cultura
italiana e dall’altra nella comprensione della lingua e della
cultura tedesca, con lo scopo di un graduale e sempre maggiore
inserimento nel mondo tedesco. Per un po’ questa soluzione ha ben
funzionato; poi pian piano si è superata questa fase e si è operato
per un pieno inserimento nella scuola tedesca.
[..]
A
mo’ di conclusione, vorrei dire che non è stato facile
“confessarsi” in pubblico; tuttavia, spero che queste parole
siano descrittive del mio atteggiamento fondamentalmente “positivo”:
sono un prete contento della scelta fatta di donare la mia vita al
Signore e ai fratelli; so di avere tanti difetti, ma confido nella
benevolenza di tutti i cari meldolesi che, sicuramente, vorranno
continuare a sostenere il loro parroco nel cammino che, a Dio
piacendo, ancora ci sta davanti.
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