mercoledì 14 settembre 2016

MEMORIE DI LAVORO, Loris venturi e don Mauro Petrini

Oggi è il turno di Loris e don Mauro.

Dall'introduzione di Loris Venturi
La narrazione “confessione” traccia il profilo di una personalità volitiva, positiva, alla ricerca di quell’unica sinfonia cui dà piena dignità la copertina del libro dei canti della comunità cristiana meldolese. Questa narrazione è figlia di una scelta di vita e di un ministero sacerdotale nati dall’umiltà di don Mauro e dalla sua indefessa volontà di valorizzare e porre grande attenzione alle vite dei più deboli. Ha mostrato la strada ad altri fedeli ed ha compiuto atti simbolici di grande valore umano quando, per fare un esempio tra i tanti che potrei citare, ha portato sulle vette della Marmolada, o in cima alla Basilica di San Pietro, persone con gravissime problematiche di salute per le quali sembrava impossibile compiere azioni simili.

Brano tratto dalla narrazione di don Mauro Petrini
"UNA SCELTA DI VITA"

Sono don Mauro Petrini, che all’anagrafe risulto Lodovico Petrini, perché mio babbo, quando nacqui il 27 Luglio 1948, si presentò negli uffici comunali e mi dichiarò col nome LODOVICO. Così si chiamava il mio fratellino, nato nel 1943 e morto nel periodo della guerra per complicazioni in seguito a tosse convulsa. Ma al ritorno a casa le mie sorelle di 12, 13 e 15 anni dissentirono: “No! Perché quel nome? Va a finire che muore anche Lui!”. E così fui battezzato col nome di Mauro e sono sempre stato chiamato Mauro. Ma a sei anni, quando andai a scuola in prima elementare, feci la brutta scoperta: sul registro comparivo col nome di Lodovico e così l’insegnante mi chiamò all’appello. Ricordo la mia sorpresa e il divertimento dei miei compagni che allora mi prendevano in giro canzonandomi col detto: “Lodovico, sei dolce come un fico”.

Infanzia povera ma felice
Sono nato e cresciuto in una famiglia numerosa, decimo di undici figli. Ho vissuto la mia infanzia in campagna con lo stretto necessario per vivere: con la coltivazione del piccolo poderino di cui era proprietario, mio babbo ha fatto crescere con dignità tutti i suoi figli. Poi ognuno ha fatto la sua strada e si è incamminato nella vita. Eravamo una famiglia numerosa che viveva in campagna gustando la gioia di una profonda libertà: si giocava insieme tutti, anche coi vicini di casa, ai giochi più innocenti di questo mondo. Ricordo Pum Libero… Sento di aver vissuto un’infanzia molto bella e felice, anche se caratterizzata da una grande ristrettezza economica. Negli anni Cinquanta si tirava ancora la cinghia, soprattutto in una famiglia numerosa, anche se la vita in campagna ha garantito sempre un po’ di pane ed un po’ di companatico; di questo dobbiamo dire grazie al Signore. Si cresceva con l’essenziale e le cose naturali: ci si accontentava e si imparava ad accontentarsi di quel che si poteva godere. L’infanzia e la fanciullezza si sono svolte in questo modo ed hanno influito molto sulla mia formazione.

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La prima scelta
Come primo ambito per il mio servizio sacerdotale chiesi al Vescovo di andare in Germania per assistere gli emigrati italiani, insieme a mio fratello sacerdote don Pier Paolo, che già da dieci anni era missionario per gli emigrati. Ho fatto questa scelta perché già durante le vacanze negli anni precedenti la mia ordinazione sacerdotale ero andato più volte nelle missioni italiane dove operava mio fratello: avevo visto il vasto campo di azione e mi attirava la possibilità di mettere a servizio di questi fratelli più bisognosi le mie giovani energie. Don Pier Paolo aveva la responsabilità della missione italiana di Offenbach, comprendente un vasto territorio popolato da circa 10.000 immigrati italiani nelle immediate vicinanze di Francoforte sul Meno. È stato il mio primo impatto con tutti i problemi che l’emigrazione italiana poneva in quegli anni anche là in Germania: i problemi dell’accoglienza in un Paese straniero, la difficoltà della comunicazione a causa della scarsa conoscenza della lingua tedesca, i problemi del lavoro, dell’abitazione, la riunificazione di tante famiglie, la difficoltà per l’inserimento dei figli nella scuola, ecc… Per il problema scolastico avevamo impostato una scuola bilingue che aiutasse pian piano i bambini, da una parte a non perdere le radici della cultura italiana e dall’altra nella comprensione della lingua e della cultura tedesca, con lo scopo di un graduale e sempre maggiore inserimento nel mondo tedesco. Per un po’ questa soluzione ha ben funzionato; poi pian piano si è superata questa fase e si è operato per un pieno inserimento nella scuola tedesca.

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A mo’ di conclusione, vorrei dire che non è stato facile “confessarsi” in pubblico; tuttavia, spero che queste parole siano descrittive del mio atteggiamento fondamentalmente “positivo”: sono un prete contento della scelta fatta di donare la mia vita al Signore e ai fratelli; so di avere tanti difetti, ma confido nella benevolenza di tutti i cari meldolesi che, sicuramente, vorranno continuare a sostenere il loro parroco nel cammino che, a Dio piacendo, ancora ci sta davanti.


10 Settembre 1972. In occasione della Prima Messa di don Mauro tutta la famiglia si ritrova di nuovo unita: in prima fila, da sinistra: mamma LINA, don MAURO, don PIER PAOLO e papà DOMENICO; in seconda fila, da sinistra: GIULIA, PAOLA, GELINDO e MARIA PIA; in alto, da sinistra: ELIA, TEA, ROBERTO e MATTEO

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