Dedichiamo qualche pagina di questo blog ai Biografi Volontari e ai loro narratori cominciando da Maris e Piero.
Piero Tassinari è stato maestro elementare e ora è in pensione.
Dall'introduzione di Maris Senzani Pezzi
[..]Quando
penso alla scuola, in un tempo carico di distrazioni e momenti
di disturbo come il presente, credo che la vera rivoluzione sia
studiare. Mi piacerebbe una scuola che, fino al triennio delle
superiori, non si ponesse il problema dello scopo o dell’utilità
ma pensasse ad arricchire la mente, il cuore e lo spirito dei ragazzi
attraverso le grandi discipline della nostra cultura, quelle che
appaiono inutili e portano in altri mondi ma che fanno conoscere se
stessi, come la filosofia, letteratura, l’arte, la matematica, la
storia e con la psicologia, la sociologia e la logica. La possibilità
di perdere un po’ di tempo, imparare a riflettere, ad ascoltare,
sapersi fermare di fronte alla natura e alle proprie emozioni per
poterle scoprire e riconoscere. Un tempo gratuito senza risultati
concreti, utili ma che serve alla nostra crescita emotiva e
relazionale. In fondo l’intelligenza è relazione, la capacità di
convivere con l’alterità, andare oltre il noi stessi.[..]
Brano tratto dalla narrazione di Piero Tassinari
"SCUOLA DI VOLO PER PRINCIPIANTI"
La prima volta non si dimentica mai. O
no?
Ero
alla mia prima esperienza ed è sempre tutto più difficile. Adesso
mi sovviene che proprio nella scuola materna e in quella elementare
in un primo tempo l’energia dei bambini, la loro carica,
spaventavano anche un poco. Cioè il timore poteva essere quello di
non riuscire a gestire il gruppo classe perché si potevano creare
delle dinamiche e il maestro non ancora esperto nella gestione delle
relazioni umane potesse fare degli errori e quindi insomma …. Il
peggio del peggio che può succedere ad un insegnante è che gli
possa sfuggire di mano la gestione del gruppo dei ragazzi. Se i
ragazzi stessi capiscono questo …lo finiscono il maestro! Ricordo
quando si incontra per la prima volta una classe e quando si inizia
ad essere un insegnante. Devo dire che il cosiddetto primo giorno di
scuola, così emozionante per i bambini, soprattutto per quelli che
iniziano il percorso della scuola elementare, per me è sempre stato
un giorno di grande emotività. Anche quando sono arrivato all’ultimo
anno e avevo già la prospettiva dell’andare in pensione, sapevo
quindi che quell’anno che avevo iniziato sarebbe stato l’ultimo
del mio percorso di lavoro, quasi a maggior ragione, quel primo
giorno di scuola, un 13 o 14 settembre, non mi fece dormire, perché
ero preso dall’emozione.
[..]
Ricordo
che nella Pasqua di quell’anno, scrissi una storia buffa e la
proposi ai ragazzi. Era una storia di fantasia, dissi loro che,
comunque, sì esistevano gli alberi che producevano invece che le
pere le uova di pasqua. E rispetto alla loro sana incredulità dissi:
“Se non ci credete io vi porto a vederli. Bisogna saperli
riconoscere”. Ho lavorato come un matto per andare ad attaccare
le uova in un albero, là, in mezzo alla campagna, che non potessero
essere viste. Non solo. A questa strana caccia al tesoro che erano le
uova di Pasqua, chiesi di partecipare anche alla mia collega, sempre
un po’ riluttante rispetto a queste attività “alternative”.
Per cui, sì, alla fine venne anche lei ma aveva un grande punto
interrogativo al posto del naso. I bambini, alla vista delle uova
appese, sono rimasti immobili, in silenzio, a bocca spalancata. Poi,
tutti giù a ridere! Lo stesso anno mi travestii da Babbo Natale e
chiesi alla collega se mi teneva i miei bambini per un po’ di tempo
e se poi li accompagnava lungo un percorso che io avevo predisposto,
tipo caccia al tesoro, per venirmi a cercare. Ahimè fui scoperto da
una vecchietta lungo il tragitto, in quella stradella di campagna
dove io avevo progettato di passare per poi andarmi a nascondere.
Questa vecchietta cominciò ad urlare mescolando parole in dialetto e
in italiano “Uh iè babbi natali, uh iè babbi natali, curì,curì
che uh iè babbi natali!!!”.
[..]Miti
e mete
Io
avevo i miei miti. A parte tutti i testi che fanno parte del
patrimonio culturale richiesto all’insegnante per potersi proporre
come tale, si studiano pedagogisti, psicologi, poi c’erano dei miti
che per me erano gli archetipi dell’insegnante. Uno in particolare
non lo potrò mai dimenticare perché io cercavo di imitare il suo
modo di insegnare. Non so se questo signore sia ancora fra noi. Se
esiste il paradiso lui ha un posto d’onore. Questo signore è stato
un maestro elementare e uno scrittore, Mario Lodi, che ha scritto
tanto, tanti testi che io consideravo il mio Vangelo pedagogico.
Erano dei romanzi dedicati alla scuola e anche ai bambini. Uno di
questi è “C’è speranza se questo accadde a Vho (Vho di
Piadena)”, oppure “Il paese sbagliato”, poi il famoso “Cipì”
, scritto per i suoi scolari, che ha venduto non so mai quante copie
in tutte le scuole d’Italia. Un libro che raccontava della sua
esperienza da quando era bambino fino alle vicende della 2° guerra
mondiale, del fascismo, libro che ho continuato a leggere ai ragazzi
fino all’ultimo ciclo era il “Il corvo”. Comunque cercavo in
tutti i modi di fare scuola alla maniera di Mario Lodi. Ora mi
ritorna alla mente anche la “Scuola di Barbiana”, Don Milani,
grande personaggio. Quelli erano i miei eroi. E sulla falsa riga del
loro modo di organizzare l’istituzione educativa io cercavo di
muovermi. E devo dire la verità. Fino alla fine, sono passate le
riforme sulla mia testa, va bene, sono cambiati i modelli
organizzativi ma io sono rimasto fedele a quel modello.
Il maestro Piero con i suoi alunni |
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