martedì 13 settembre 2016

MEMORIE DI LAVORO, Maris Senzani Pezzi e Piero Tassinari

Dedichiamo qualche pagina di questo blog ai Biografi Volontari e ai loro narratori cominciando da Maris e Piero.
Piero Tassinari è stato maestro elementare e ora è in pensione.

Dall'introduzione di Maris Senzani Pezzi

[..]Quando penso alla scuola, in un tempo carico di distrazioni e momenti di disturbo come il presente, credo che la vera rivoluzione sia studiare. Mi piacerebbe una scuola che, fino al triennio delle superiori, non si ponesse il problema dello scopo o dell’utilità ma pensasse ad arricchire la mente, il cuore e lo spirito dei ragazzi attraverso le grandi discipline della nostra cultura, quelle che appaiono inutili e portano in altri mondi ma che fanno conoscere se stessi, come la filosofia, letteratura, l’arte, la matematica, la storia e con la psicologia, la sociologia e la logica. La possibilità di perdere un po’ di tempo, imparare a riflettere, ad ascoltare, sapersi fermare di fronte alla natura e alle proprie emozioni per poterle scoprire e riconoscere. Un tempo gratuito senza risultati concreti, utili ma che serve alla nostra crescita emotiva e relazionale. In fondo l’intelligenza è relazione, la capacità di convivere con l’alterità, andare oltre il noi stessi.[..]

Brano tratto dalla narrazione di Piero Tassinari 
"SCUOLA DI VOLO PER PRINCIPIANTI"

La prima volta non si dimentica mai. O no?
Ero alla mia prima esperienza ed è sempre tutto più difficile. Adesso mi sovviene che proprio nella scuola materna e in quella elementare in un primo tempo l’energia dei bambini, la loro carica, spaventavano anche un poco. Cioè il timore poteva essere quello di non riuscire a gestire il gruppo classe perché si potevano creare delle dinamiche e il maestro non ancora esperto nella gestione delle relazioni umane potesse fare degli errori e quindi insomma …. Il peggio del peggio che può succedere ad un insegnante è che gli possa sfuggire di mano la gestione del gruppo dei ragazzi. Se i ragazzi stessi capiscono questo …lo finiscono il maestro! Ricordo quando si incontra per la prima volta una classe e quando si inizia ad essere un insegnante. Devo dire che il cosiddetto primo giorno di scuola, così emozionante per i bambini, soprattutto per quelli che iniziano il percorso della scuola elementare, per me è sempre stato un giorno di grande emotività. Anche quando sono arrivato all’ultimo anno e avevo già la prospettiva dell’andare in pensione, sapevo quindi che quell’anno che avevo iniziato sarebbe stato l’ultimo del mio percorso di lavoro, quasi a maggior ragione, quel primo giorno di scuola, un 13 o 14 settembre, non mi fece dormire, perché ero preso dall’emozione.
[..]
Ricordo che nella Pasqua di quell’anno, scrissi una storia buffa e la proposi ai ragazzi. Era una storia di fantasia, dissi loro che, comunque, sì esistevano gli alberi che producevano invece che le pere le uova di pasqua. E rispetto alla loro sana incredulità dissi: “Se non ci credete io vi porto a vederli. Bisogna saperli riconoscere”. Ho lavorato come un matto per andare ad attaccare le uova in un albero, là, in mezzo alla campagna, che non potessero essere viste. Non solo. A questa strana caccia al tesoro che erano le uova di Pasqua, chiesi di partecipare anche alla mia collega, sempre un po’ riluttante rispetto a queste attività “alternative”. Per cui, sì, alla fine venne anche lei ma aveva un grande punto interrogativo al posto del naso. I bambini, alla vista delle uova appese, sono rimasti immobili, in silenzio, a bocca spalancata. Poi, tutti giù a ridere! Lo stesso anno mi travestii da Babbo Natale e chiesi alla collega se mi teneva i miei bambini per un po’ di tempo e se poi li accompagnava lungo un percorso che io avevo predisposto, tipo caccia al tesoro, per venirmi a cercare. Ahimè fui scoperto da una vecchietta lungo il tragitto, in quella stradella di campagna dove io avevo progettato di passare per poi andarmi a nascondere. Questa vecchietta cominciò ad urlare mescolando parole in dialetto e in italiano “Uh iè babbi natali, uh iè babbi natali, curì,curì che uh iè babbi natali!!!”.

[..]Miti e mete
Io avevo i miei miti. A parte tutti i testi che fanno parte del patrimonio culturale richiesto all’insegnante per potersi proporre come tale, si studiano pedagogisti, psicologi, poi c’erano dei miti che per me erano gli archetipi dell’insegnante. Uno in particolare non lo potrò mai dimenticare perché io cercavo di imitare il suo modo di insegnare. Non so se questo signore sia ancora fra noi. Se esiste il paradiso lui ha un posto d’onore. Questo signore è stato un maestro elementare e uno scrittore, Mario Lodi, che ha scritto tanto, tanti testi che io consideravo il mio Vangelo pedagogico. Erano dei romanzi dedicati alla scuola e anche ai bambini. Uno di questi è “C’è speranza se questo accadde a Vho (Vho di Piadena)”, oppure “Il paese sbagliato”, poi il famoso “Cipì” , scritto per i suoi scolari, che ha venduto non so mai quante copie in tutte le scuole d’Italia. Un libro che raccontava della sua esperienza da quando era bambino fino alle vicende della 2° guerra mondiale, del fascismo, libro che ho continuato a leggere ai ragazzi fino all’ultimo ciclo era il “Il corvo”. Comunque cercavo in tutti i modi di fare scuola alla maniera di Mario Lodi. Ora mi ritorna alla mente anche la “Scuola di Barbiana”, Don Milani, grande personaggio. Quelli erano i miei eroi. E sulla falsa riga del loro modo di organizzare l’istituzione educativa io cercavo di muovermi. E devo dire la verità. Fino alla fine, sono passate le riforme sulla mia testa, va bene, sono cambiati i modelli organizzativi ma io sono rimasto fedele a quel modello.

Il maestro Piero con i suoi alunni

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