sabato 10 settembre 2016

Da Occidente a Oriente,passando per Anghiari Loretta Buda


Da    Occidente a Oriente
passando per  Anghiari




Siamo storia e siamo la nostra storia nella Storia (…)
 Siamo tempo e l’esperienza reale del tempo la si ha attraverso la memoria
Salvatore Natoli


Loretta Buda

Recarsi ad Anghiari per partecipare al festival e fermarsi solo quattro ore è veramente poco, ma  era quanto potevamo concederci, io , Astrid ed Ermes . Insieme abbiamo trascorso la mattina  accomodati  nella  penombra del teatro ad ascoltare storie che , come in un gioco di matrioske , si inserivano una nell’altra fino a completarsi  in un  grande racconto capace  di preservarle e contenerle tutte. Come sempre, il solo fatto di essere ad Anghiari si è connotato  come una gradevole occasione, ma seguire la presentazione di volumi, ascoltare la restituzione di progetti  hanno reso l’esperienza  intensa e coinvolgente.
Curo   rapidamente gli appunti   e li condivido per non perdere quel racconto corale che , nel suo andirivieni , fra due età estreme ( vecchia e infanzia),  è andato “oltre” fermandosi anche  “in orti e giardini”[1]  ;  una sosta per ricordarci  che anche  i  luoghi sono evocativi  e che l’autobiografia ritrova  l’essenza e la sacralità di ogni territorio .
Si è parlato di vecchi , di strutture sanitarie e/o protette, se ne è sottolineata la necessità ma anche il disagio  che l’abitarci  genera negli ospiti .[2]
Dalle  parole dei relatori è emerso un rinnovato bisogno di memoria, un bisogno che, a livello individuale,  potrà appagarsi solo continuando a raccontare e scrivere di sé  per riabilitare  la propria  vicenda umana.  Noi siamo la nostra memoria , afferma sempre  Natoli, e il contenuto della nostra memoria è esperienza di racconti e relazioni.
Non è facile invecchiare, soprattutto non è facile farlo  con garbo e accettarsi nei limiti  che l’età impone;  oltre a non essere  facile  diventa anche doloroso quando la vecchiaia si vive in solitudine,  afflitti  dal desiderio inappagato di ritorno. Nostos, tornare ad abitare  la propria  casa , corrispondere nuovamente alla quotidianità  precedente, rivivere affetti  e  tornare ad immaginare un futuro.  
Ancora una volta la scrittura ha svolto una  funzione terapeutica caratterizzandosi  come l’antidoto per  far fronte al senso di emarginazione che coglie soprattutto  gli  ospiti delle strutture  .  Gli operatori delle case di riposo  hanno sottolineato  la dedizione adottata  per  dare dignità alle storie e per offrire gli strumenti idonei perché” i giovani di un altro tempo” parlassero . Molti    vecchi sono reduci da un’educazione fondata sul pudore e sulla parsimonia delle parole per cui, in questo, come in altri casi,    è stato necessario dare voce a quelle persone  che credevano  di non aver nulla da dire e  prestare parole a coloro che non le ritrovavano più.
“Abbandonarsi”  è il titolo del  progetto fotografico-narrativo  fatto di memorie e relazioni tra ospiti e personale sanitario di alcune R.S.A  sul tema dell’abbandono. Gli oggetti fotografati , (definiti : EX VOTO di una  EX VITA),  hanno allestito dimore autobiografiche e le immagini sono diventate pretesti narrativi. Le storie degli anziani e degli operatori sono state raccolte  e trascritte   per ricomporre   frammenti di vita . Mi piace pensare ad un “abbandonarsi”  che lasci  l’ accezione di arrendevolezza  e di rinuncia per  vestire la  duplice   veste  di  abbandono e dono . AbbanDonarsi,  affidarsi alle persone ,accogliere, vicendevolmente ,  il dono   della loro presenza e del  ricordare insieme. Ricordare insieme per intrecciare cura e  ricomporre “la vita” .
L’ultima parte della mattina è stata dedicata alle “Scritture bambine” I relatori  hanno sottolineato quanto i bambini siano capaci     di memoria e come la narrazione d di sé possa diventare un’ occasione per costruire un’immagine personale sempre più consapevole.
L’ autobiografia diventa un vero e proprio strumento didattico,  sia come genere narrativo,  sia come occasione per lo sviluppo cognitivo. Nei laboratori  autobiografici i “piccoli partecipanti sono stati condotti a riflettere su sé e l'altro, con l'obiettivo di amplificare le possibilità di incontro e di valorizzazione di ognuno, nell'ottica che l'inclusione all'educazione in contesti multiculturali e plurilingue comincia dai più piccoli”. Le attività hanno previsto incontri con i genitori in tempi  a loro dedicati alla  conoscenza tra scuola e famiglia.
Per esperienza personale ribadisco che far vivere agli alunni esperienze autobiografiche ci permette di creare nuovi rapporti tra identità personale e collettiva. L’identità è un evento relazionale che si qualifica attraverso la riflessione e la comunicazione di esperienze significative vissute o immaginate. Come afferma D.Demetrio "(...) è la scuola il luogo della "lungimiranza pedagogica" dove si dovrebbero attuare quelle pratiche della memoria che sollecitano autoriflessione, introspezione e una cultura della memoria che si traduce anche in cultura della relazionalità e della storia”. [3]
Nati per scrivere è un progetto della LU.A, pensato in collaborazione con l'Associazione Italiana Biblioteche, la cui fase sperimentale si è sviluppata all'interno della programmazione delle attività proposte dalle Biblioteche in rete con altre agenzie educative e culturali. La biblioteca  è  un luogo che e accoglie e restituisce “mondi  e  ci permette, come  è accaduto ad Anghiari,  di divagare  da Occidente  a Oriente.  Occidente , là dove il sole tramonta e il vecchio fissa il suo ultimo orizzonte , Oriente dove il sole sorge e  la vita esubera
Come pensiero conclusivo e sempre “divagante”,  mi piace immaginare  una  biblioteca che si  proponga come luogo privilegiato nel quale una comunità possa raccontarsi e intrecciare alleanze generazionali .  Uno spazio    dove i bambini, protagonisti di un futuro che si libera,  possano sperimentare la distanza e la continuità con la propria memoria  e i vecchi, gravati da un futuro che si comprime,  possano  riacquistare il gusto  per la vita .



[1] “Oltre il libro, un orto, un giardino “
“ Giardino Sicano. Bivona come metafora”
[2] AbbanDonarsi : percorso fotografico – narrativo.
Nelle pratiche : i vecchi raccontano.
“un m’addolgo di nulla “
Noi giovani di un altro tempo.
[3]Duccio DemetrioRicordare a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica, GLF editori Laterza, Roma
Anno: 2003

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