giovedì 30 luglio 2020
mercoledì 29 luglio 2020
CUSTODI DELLA MEMORIA A TAVOLICCI – invito alla lettura
Non siamo in grado di portare ragioni o motivazioni, l'episodio è ancora aperto e senza risposte.
Il ricordo di quel giorno è rimasto indelebile nei pochi sopravvissuti ed è grazie a loro che è stato possibile conoscere quanto è accaduto. Non tutti però sono riusciti a narrare, qualcuno ha preferito il silenzio; tra questi ultimi c'è chi ha lasciato Tavolicci, chi è rimasto ma non ha mai detto nulla, chi non è mai voluto essere presente ad una commemorazione per il timore di dover raccontare ciò per cui non esistevano parole tanto era stato enorme il dramma. Chi è restato si è fatto custode della vita di chi non c'è più, ha testimoniato con la propria presenza.
Ricorda la Lowenthal [Lo strappo nell'anima, 2002] che anche il silenzio ha una sua memoria, fatta di gesti e di azioni trasmesse attraverso l'educazione. Il silenzio è una ferita che resta aperta, che non trova il modo di essere sanata. Nella trama della vita e della memoria individuale e collettiva è come se vi fosse una lacerazione e i lembi del tessuto non possono essere riuniti e ricuciti, manca proprio un pezzetto di tessuto. L'ordito va intrecciato nuovamente e questo è possibile attraverso le storie. In questo risiede la grande opera compiuta dai biografi dell'APS parolefattemano di Meldola con il volume “Vivere a Tavolicci dopo la strage del 22 luglio 19441”.
Delle testimonianze raccolte solo una è di un testimone primario, le altre sono state donate da coloro che sono nati dopo la strage. Attraverso i loro racconti si tesse quella trama capace di riunire i lembi della memoria. A questo serve la narrazione dei testimoni secondari, cioè di coloro che sono nati dopo gli eventi accaduti. La memoria vissuta diviene memoria condivisibile.
In questa tessitura trova posto la casa in cui è avvenuto l'eccidio, che a lungo ha portato i segni della tragedia avvenuta, e che è stata restaurata e trasformata in museo.
Essere rimasti a Tavolicci o averlo scelto come luogo di vita significa raccogliere il testimone e divenire custode a propria volta. Leggendo le storie di vita raccolte ci si rende conto della forte volontà che guida chi vive in questo luogo, ne emergee l'immagine di eroi quotidiani.
Frequentare la scuola, per il solo bambino in età scolare che vi abita, significa due ore di percorrenza in scuolabus ogni giorno, e per gli adulti lasciare la casa alle 4:00 del mattino per rientrarvi che è già buio. D'inverno bisogna fare i conti con la neve e il ghiaccio. Eppure questo luogo ha un fascino che sovrasta ogni possibile fatica. È immerso nella natura e la pace che vi regna non fa certo rimpiangere il ritmo sincopato e l'inquinamento delle nostre città. Qui il tempo ha un altro valore come anche il rapporto con l'ambiente. Negli anni '90 i residenti hanno provato a rendere nuovamente produttivo il territorio costituendosi in cooperativa. Non ha funzionato come desideravano e la cura per la terra richiede ancora oggi il lavoro presso terzi, però c'è un progetto interessante che si sta concretizzando e che affianca quanti hanno già deciso di trasferirsi tra queste montagne. Lo si può trovare nel racconto di due ragazzi, marito e moglie, i più giovani tra coloro che hanno narrato: sono i figli, dei figli, dei figli...gli ultimi, in ordine di tempo, ad aver raccolto il testimone e a farsi custodi della memoria di questo luogo.
Astrid Valeck
1Ricerca in collaborazione e per conto dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Forlì-Cesena e Ass. Amici della casa di Tavolicci.
mercoledì 15 luglio 2020
Prosegue la storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online...RACCONTARSI 2020
Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio di un'altra lettera pervenutaci quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica* da poco conclusosi e che, entrerà a far parte delle riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi. La parole di questa settimana sono di Laura Di Gianni.
[..]Per
quelle 4/5 settimane, ammetto che il centro dei miei pensieri è
stato “chissà che cosa ci scrive Ermes lunedì, che cosa ci
chiede”, e come farò eventualmente a far coincidere quello che ho
voglia di dire io con quello che vuole sapere lui. Tenendo anche
conto che io tratto un libro di poesie, non di narrativa come tutte
le altre “compagne”.
Tra
martedì e mercoledì in genere ho già “fatto il compito”, e
aspetto qualche volta a spedire, per non fare come quelli che entrano
a teatro troppo presto, e la platea è vuota. Sempre meglio di quelli
che arrivano a spettacolo iniziato e scocciano, però …. È brutto,
dai. Sembri uno che non ha proprio niente da fare, e arriva in
anticipo per noia.
Poi
ricordo che c’è stato un intoppo, qualcosa che non sentivo di
fare, e per un paio di giorni ho pensato di finirla lì (il tutto
nato dal fatto che io avevo scelto un testo non narrativo) … poi ho
trovato il bandolo della matassa, e ho anche considerato che,
qualsiasi cosa ciascuna di noi avesse scritto, sarebbe comunque
“andata bene”, come nei precedenti laboratori.
Quando
l’appuntamento settimanale è finito, mi sono sentita davvero
privata di qualcosa che comunque aveva soddisfatto per più di un
mese quel mio bisogno di un progetto, anche piccolo, centrato
su una cosa che mi piace fare, come è da sempre nella mia vita il
leggere e lo scrivere. [..]
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* laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto dal nostro esperto Ermes Fuzzi
domenica 5 luglio 2020
RACCONTARSI 2020 - la storia di un laboratorio di scrittura autobiografica online prosegue...
Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio di un'altra lettera pervenutaci quale testimonianza del laboratorio di scrittura autobiografica* da poco conclusosi e che, entrerà a far parte delle riflessioni che sono raccolte nel libro in corso di preparazione su questa esperienza di scrittura a distanza in uno dei periodi più difficili attraversato da tutti noi. La parole di questa settimana sono di Daniela Gaudenzi
[..] Scegliere il libro non è stato facile, ho divagato a lungo prima di arrivarci, sono stata quasi tentata di lasciare perdere, mi sembrava un sopruso, un sacrilegio dovere concentrarmi su un solo libro a scapito dei tanti altri che amavo o avevo amato. Ma volevo partecipare al laboratorio. E così, mentre fuori si scatenava la subdola e silenziosa tempesta del Covid19 e negli ospedali infuriava la battaglia per arginarlo, mi sono ritirata nel silenzio della mia mansarda e lì, circondata da libri di poesia che non aprivo da tempo, da materiale didattico ormai inutile, ma da ordinare, da scaffali di volumi bene allineati che mi guardavano immobili, ho aspettato un richiamo più forte di altri che potesse attirare la mia attenzione. Non è arrivato, non subito. Ma l’attesa mi ha permesso di rileggere le poesie di F.G.Lorca, ritrovare i C.D. musicali di J.Brel, pensare alla bellezza dei testi delle sue canzoni, sentirmi circondata di una folla di persone e personaggi familiari coi quali mi ritrovavo con piacere dopo tanto tempo. Un privilegio inestimabile.
* laboratorio di scrittura autobiografica pensato e condotto dal nostro esperto Ermes Fuzzi