Prelevo i soldi alla cassa automatica.
È un bancomat di nuova
generazione, loquace, mi esorta a eseguire le operazioni con voce stentorea: digitare
il codice, estrarre la tessera. La volta scorsa mi ha fatto gli auguri di
compleanno. Per fortuna non c'era nessuno in coda. Ore 9.10, non
sarà l'ultima macchina parlante della giornata. Potrei entrare in agenzia per
comunicare la variazione di indirizzo e altre piccole questioni, sembra
esserci poca gente, l'impiegato allo
sportello è anche un tipo simpatico, ma
sistemerò tutto dal computer appena torno
a casa. Perché perdere tempo in chiacchiere inutili? Salgo di nuovo in macchina e mi fermo alla
stazione di servizio. Scelgo la
corsia self-service. Quando tocca a me, esco nella bolgia, una mezza dozzina di benzinai che si urlano battute, informazioni, ordini da una parte
all'altra delle pompe, in un viavai
di auto che scalano posizioni e clienti
che si dirigono a pagare all'interno. Faccio rifornimento indisturbato come un
fantasma. Dentro, la cassiera sta
parlando al telefono, non ho bisogno di dire niente, metto trenta euro sul banco e lei fa lo scontrino
continuando a discutere, di cani mi
sembra, forse con un dog-sitter,
chissà(....)L’autore, Mauro Covacich, continua presentando le
innumerevoli situazioni agite dal protagonista in un’apparente condivisione e
giunge alla riflessione che “ e negli ultimi anni abbiamo assistito a
un ritorno trionfante della scrittura a dispetto dell'oralità, è anche perché parlare,
nel senso di rivolgersi la parola, non è più necessario.
Era necessario quando eravamo vincolati alla presenza e ne rispondevamo con la nostra faccia, col nostro corpo. Ora che la presenza è solo apparente, o meglio vicaria, posso scambiarmi messaggi con più persone e condurre più vite nello stesso tempo, sempre in attesa del momento apicale della giornata (o della settimana), quando cioè finalmente vivrò in carne ed ossa nel luogo e nell'attimo in cui respiro.” Questa riflessione permette un ritorno di pensiero che mi riconduce a Meldola, dove il 28 aprile,in un clima di ben-essere e di piacere condiviso abbiamo parlato di memoria e di scrittura autobiografica con il professor Duccio Demetrio. La lettura dell’articolo rafforza la mia convinzione di quanto, oggi più che mai, sia necessaria e salvifica la scrittura autobiografica, definita da Demetrio:”Patrimonio dell’Umanità ”. La scrittura, infatti permette di ricollocarci in noi stessi, di incontrare il mondo ed imparare ad abitarlo con modalità rispettose delle nostre e altrui esperienze. Lo spazio intimo che la scrittura crea ci consente riconquistare i nostri diritti sul tempo, di distenderci in esso e trovarvi dimora; come recita la poesia di Astrid, aiuta a ritrovare il bandolo della matassa della propria vita nei momenti in cui si sente il bisogno di rivederla criticamente, ma con benevolenza .
Ho un gomitolo tra le Era necessario quando eravamo vincolati alla presenza e ne rispondevamo con la nostra faccia, col nostro corpo. Ora che la presenza è solo apparente, o meglio vicaria, posso scambiarmi messaggi con più persone e condurre più vite nello stesso tempo, sempre in attesa del momento apicale della giornata (o della settimana), quando cioè finalmente vivrò in carne ed ossa nel luogo e nell'attimo in cui respiro.” Questa riflessione permette un ritorno di pensiero che mi riconduce a Meldola, dove il 28 aprile,in un clima di ben-essere e di piacere condiviso abbiamo parlato di memoria e di scrittura autobiografica con il professor Duccio Demetrio. La lettura dell’articolo rafforza la mia convinzione di quanto, oggi più che mai, sia necessaria e salvifica la scrittura autobiografica, definita da Demetrio:”Patrimonio dell’Umanità ”. La scrittura, infatti permette di ricollocarci in noi stessi, di incontrare il mondo ed imparare ad abitarlo con modalità rispettose delle nostre e altrui esperienze. Lo spazio intimo che la scrittura crea ci consente riconquistare i nostri diritti sul tempo, di distenderci in esso e trovarvi dimora; come recita la poesia di Astrid, aiuta a ritrovare il bandolo della matassa della propria vita nei momenti in cui si sente il bisogno di rivederla criticamente, ma con benevolenza .
mani
di un filo che riluce
e cambia colore
specchiandosi
nei ricordi.
Tramo e dipano
la mia storia
avvolgo
e allento questo filo
con la pazienza
di chi ricomincia
ogni giorno
da capo[2]
Ricominciare ogni giorno da capo procedere parola dopo parola sul filo
del pensiero, avanzare passo dopo passo, partendo da materiale, spesso informe
e aggrovigliato, animati dalla volontà di fare, disfare e creare. Quindi,
tornando ad Astrid, si dipana, si tesse
fino a comporre, come accade nei laboratori di SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA, una
tessitura narrativa condivisa. L’autobiografia ,ordinando i ricordi, svela il luogo in cui annida la
sacralità della “nostra vita” che ci vuole: singolari, unici e irripetibili.
Superando la nota amara con la quale Covacich conclude l’articolo[3] io credo
che, grazie a quanto si sta realizzando a Meldola, i testimoni e i partecipanti
ai laboratori apprezzeranno la possibilità di stare in colloquio con loro
stessi e in dialogo con gli “altri”, felici di sapere che ci sarà sempre
traccia di ognuno nelle esistenze che hanno attraversato narrando e scrivendo. Felice di aver lasciato una, seppur lieve e inconsistente traccia,
concludo questa riflessione con una citazione di Goliarda Sapienza: “ricordare è tutto: l’etica fondamentale
della vita” [4]
Loretta Buda
[1]”LA
LETTURA” 24 Aprile 2016 N^ 230
[3] [3]:” Non ci
sarà mai traccia di me nelle esistenze che ho attraversato, ma quando
supero i senza casa del mio quartiere, mi sento chiamare: «Amicoo!»
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