Ho
iniziato a scrivere tutte le sere prima di dormire. Sul comodino
tengo una penna e un quaderno. Mi appoggio con a testa un po'
sollevata e scrivo. Cosa scrivo non so. Perché i pensieri della sera
non sono totalmente miei e a volte persino non li riconosco il giorno
dopo. Sono i pensieri dell’ultimo momento, quelli che cedono il
passo al sogno. Eppure da quando scrivo quelle poche righe, non mi
sveglio più di notte.
Di
notte mi basta un soffio di respiro dei miei figli, per aprire gli
occhi senza aspettare che il cervello se ne sia neppure accorto. E
come un incantesimo, dagli occhi entrano, fulminanti, i miei
pensieri, mai addormentati. Non sono importanti, sono a volte banali,
a volte inutili, ma straordinariamente prepotenti e con una forza
anomala, si prendono il mio sonno.
Perché
questo fastidio?
Di
giorno non mi fermo a pensare, faccio e disfo e i miei pensieri sono
di servizio, come gran parte delle parole che dico. Consumo le ore a
cottimo, fino a sera. Poi decido basta e cerco un modo per rilassarmi
e trovare il sonno: mi assopisco con un programma televisivo, leggo a
lume di lampada un libro troppo fitto che mi ipnotizza e i miei occhi
pesanti si chiudono.
Ma
i pensieri no, senza pace per non aver avuto ancora un posto dove
andare, si agitano nella mia testa sopita e aspettano. Sbattono qua e
là finché un soffio di respiro mi sveglia. E lì li trovo agitati
ed esagerati scorrere ladri, fino al cuore, allo stomaco. Non mi
fanno più addormentare, mi chiedono di pensarli. Ma
la scorsa sera ho scritto due righe sul quaderno bianco. Gli ho
regalato un foglio dove mettersi in fila, un posto per stare. I miei
pensieri, quelli che c’entrano di meno con me, quelli che lasciano
il passo al sogno, si sono addormentati sul mio quaderno. E mi hanno
lasciato dormire fino al mattino.
[Arianna Sama]
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