sabato 27 agosto 2016

Ermes Fuzzi invita alla lettura di Cròniche epafàniche

Invito alla lettura a cura di Ermes Fuzzi

Francesco Guccini, Cròniche epafàniche, U.E. Feltrinelli, Milano 1989

La prima edizione dell'89 ci porta a un Guccini, alle soglie dei cinquanta anni, con il prepotente bisogno di tornare alla propria infanzia mitica tra personaggi, avvenimenti, luoghi d'origine. Il paese di Pàvana e il mulino di Checco, il fiume e le montagne d'Appennino. Con i ricordi personali si fondono quelli tramandati dai “grandi” lungo il primo decennio di vita, e poco più, di Francesco tra il '40 e il '50. Figure mitiche riportate in vita dalla scrittura nelle parole, nelle pronunce e nelle cadenze con l'aiuto di un sistema di trascrizione semplificato tratto dalla “Rivista italiana di Dialettologia”. Il dialetto ha una propria coloritura, una linea espressiva e una carica attraverso cui è appassionante scoprire un mondo ormai perduto. Una appendice aiuta il lettore attraverso [...]un esame divertito di alcune parole che possono suonare misteriose a orecchie a volte toscane a volte padane.[...](pag.167). Guccini, allenato a “lavorare” con le parole, pone il proprio impegno nel contestualizzare termini ed espressioni come “l'unto creapopoli”, i buchi ragnatelosi contenenti tesori come due bossoli 7,62, le galline che dormono nel gallinaio, il cinema di Gigi dove si vedono i filmi. Descrizioni di grande potere evocativo sono anche quelle dei negozi e dei personaggi: il mac'lai-io che sta come re in trono dietro al suo banco di marmo che trancia coltellate o pestonate da far tremare tutto. Oppure la bottega di Ziapìna dove le nari ti si riempiono di mille odori sapori. E ancora la farmacia con l'Ossido di Zingo e la Magnesia San Pellegrino e la Magnesia Bisurata. Un mondo compreso tra le montagne e il ponte sul Limentra dove sembra finire tutto, le colonne d'Ercole del ricordo infantile, oltre il quale [...]c'è solo la catena montuosa che circonda la terra e il fiume Oceano che la abbraccia tutta.[...](pag.33). Appaiono i volti cari o indelebili come quello di Nonna Maria dalla faccia da tedesca crucca, bionda, occhi azzurri, bianca, opima. Quella del Parroco Neumann, un vecchio sorridente e saggio, con occhiali a cerchio, calvo se si toglie una striscia di capelli bianchi che gli fanno da corona e scendono a scopetta ai lati delle orecchie. Nonna Amabìlia che è grintosa e dolce, fragilmente robusta, ma forse solo in apparenza, coi capelli corti sempre dentro ad una reticella. Nonno Pietro [...]Lorgnètte a mezzo naso e gilé sulla camicia senza solino, d'estate; d'inverno, quello di lana bianca di pèggora, fatto a mano. Se il fratello Merigo andavo poco in paese, lui era come la sorella Teresa:mai.[...](Pag.160). E Poldo che passa ore a parlare ai morti del cimitero per raccontar loro le novità “del mondo di qua”. Le origini passano attraverso i racconti della costruzione del mulino e dei mitici sforzi per deviare l'acqua del fiume nel “botaccio”. Il viaggio “fin dalle terre di Francia” delle macine. La costruzione delle pale e degli ingranaggi di legno, la regolazione del flusso d'acqua, meccanismi apparentemente semplici ma altamente ingegnosi e decisivi per le sorti di molte famiglie. Poi ancora i danni e le disgrazie occorse a cose, uomini e animali a causa delle piene dopo lunghi giorni di pioggia. Si alternano frequenti richiami agli oggetti tra cui un posto di prim'ordine spetta alla “madia” dove si lascia il pane a lievitare e sotto, nel cassettone con i pomelli d'ottone lucido, un mare di oggetti e attrezzi che restano lì per anni lasciando [...] un odore unico che tutte quelle cose avevano, un odore implacabile […] (pag.43) Nel tentativo di ricostruire quel mondo perso e sognato torna “il posto più magico che ci sia in tutta la casa, la libreria”. Da lì parte il mondo del piccolo Francesco che si mette davanti ai libri “come ci si mette davanti a qualcosa di bono da mangiare”. In questo intricato ordito di fili si scorge l'amore per le proprie origini che hanno riportato a Pavana l'autore di questo piacevolissimo tuffo in [...]quel mondo che non c'è più e che non si ritroverà[...] (pag.166)

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