A certi
fatti siamo gli ultimi testimoni . Il nostro tempo
si sta
esaurendo e il dovere che abbiamo è quello di raccontare .
Svetlana
Alexsievic
Il libro, “La
tribù de’ falàsch “è frutto di un’operazione significativa e apprezzabile di
Andrea Pari; l’autore, raccontando la storia dei primi abitanti della foce del
Rubicone ridisegna uno scenario antico, arcaico, come lo definisce, con più
accuratezza, Clery Celeste nella postfazione. L’autore, ha intervistato gli
ultimi anziani appartenenti alle famiglie che hanno costituito la prima
comunità di Gatteo a Mare.
“E’ falàsch “,
la legna di fiume trascinata a riva dalla burrasca, è diventata il filo
conduttore della narrazione ed ha contribuito a completare il titolo
dell’opera.
“Per
mangiare si andava a raccogliere le poverazze.
D’inverno aspettavamo la fiumana in spiaggia
per andare a prendere la legna. La chiamavano
è falàsch.”.
Quello di Pari è
un racconto corale che riesce attribuire significati universali all’esperienza
umana ; con la restituzione delle testimonianze, ridisegna un “paesaggio della
memoria” e salvaguarda l’identità del sistema associativo simpaticamente
definito tribù. un La vitalità del gruppo, che si era insediato in quel lembo
di terra denominato le “Due Bocche”, viene consolidata dalla la necessità di
sopravvivere ai disagi che la povertà e la guerra imponevano e dalla volontà di progredire verso un futuro di
rinascita; una ripresa che fa esclamare a Berto ad Nùfar :
-Dopo è stata una favola.
Una favola che
colloca il suo “e vissero felici e contenti” a Gatteo Mare, oggi riconosciuta
come: deliziosa località turistica.
“Il
mare non l'avevo mai visto.
Ci andavo con mio babbo a lavare
le vacche per la festa di San Lorenzo.
A Sant'Angelo avevamo solo i maceri.
Quello era il nostro mare.
La ricerca di Pari valorizza il
patrimonio immateriale di un luogo che in un “altro ieri”, non troppo lontano,
era sguarnito e disabitato. “Al mare non
c’era niente” ricorda la Norma ad Plaza e “il comune regalava il terreno, i miei hanno costruito la casa dietro le
dune, ribadisce la Marì ad Marnain.
Grazie all’incontro con gli anziani è stata esplorata una
territorialità della memoria che ha evidenziato il legame tra gli eventi storici vissuti in quel particolare luogo geografico. I ricordi che i
testimoni hanno narrato e che Andrea Pari
ha trascritto, in piena sintonia stilistica e tematica, hanno delineato una
“biografia di comunità” che si connota come un dono trasmesso ai giovani da parte degli anziani che, a loro volta, diventano un prezioso
anello di continuità intergenerazionale.
La storia bella da raccontare è prima della
guerra,
quando
la strada era ancora asfaltata con i gusci
delle vongole. C’erano solo i Piat, i Marnàin,
i
Plaza, i Lòzzal , i Nùfar e l’Albergo Rubicone.
Il
mio consiglio di lettura si rivolge,
non solo ai gatteesi stanziali, ma a
tutti coloro che amano riscoprire la bellezza di un’Italia che fu minore solo
nel pensiero di alcuni, infatti l’Italia , come scrive Franco Arminio, è bella
perché ha tante storie e tante geografie .
Loretta Buda
Andrea Pari, La tribù de’
falàsch, 2017