LESSICO AUTOBIOGRAFICO
“Sulla riva del passato
l’idea di acqua si assesta
con l’idea di terra
Hala Mohammad
Apro la riflessione con la citazione di Beppe Sebaste
“Maestro è colui che indica il cammino del ritorno a sé.
Colui che aiuta a tornare a casa”. Le maestre alle quali mi riferisco con profondo senso di gratitudine sono Donatella Messina e
Ludovica Danieli.
Venerdì, nella biblioteca F.
Torricelli di Meldola, Ludovica e Donatella hanno presentato il
libro: “ A SCUOLA DI AUTOBIOGRAFIA” e,
come sempre avviene, quando si parla di scrittura , lettura e memoria, nella saletta si è creata una atmosfera addomesticata,
familiare che ha permesso ad ognuno di noi di sentirsi a casa. Le relatrici ci
hanno indicato l’orizzonte verso il quale
volgere uno sguardo rinnovato
invitandoci ad intraprendere o a continuare, per chi lo avesse già iniziato, il
viaggio alla scoperta di sé; un viaggio che prevede il ritorno a casa nella consapevolezza
che la casa in cui si farà ritorno non sarà mai la stessa che si è lasciata.
Scorro gli appunti e
leggo che scrivere è il modo di restare se stessi, rimanere fedeli alla propria storia con la capacità di offrirla ad altri e reciprocamente
accogliere ciò che l’altro, con il suo racconto, ci dona. Scrivere è uno dei
modi che ci permette di riflettere su
noi e aprirci agli altri, di comprenderli e perdonarci in una
benevola e lenitiva reciprocità. Domenico Starnone rammentando il padre dice:< “ Scrivere per me è occuparmi di quella sua sofferta incompiutezza
, dell’effetto che essa ha avuto sui figli, su chi lo ha amato, di come quella
incompiutezza infelice ha condizionato la mia vita , la mia sensibilità, i miei
errori (...) >>
Condividere storie significa rompere l’isolamento e scoprire che in ognuno di
noi “ c’è lo stesso slabbro di ferite
identiche” e la stessa voglia di un “passo largo” in una
terra dissodata. La scrittura, seppure conclusa in un preciso momento del
presente, rivolge lo sguardo all’indietro e prolunga in avanti la visione,
sicché il presente spesso muore per la sua insignificanza e noi accediamo a una
seconda nascita.
“ Ma poi c'è una nuova nascita: è quella che
noi ci diamo da noi stessi raccontando la nostra storia. E’ questa la nascita
che ricerchiamo e definiamo come una legge misteriosa ma necessaria del nostro
essere. E questa la nascita che scopriamo come la nostra vera nuova vita che si
forma e si costituisce attraverso l'atto della nostra scrittura.(...) Dalla
scrittura alla lettura il passo è breve e ancora una volta la metafora del
viaggio si propone intensamente. Percorrendo gli scritti di Ugo di San Vittore,
Ivan Hillich “ NELLA VIGNA DEL TESTO” invita il lettore a lasciare la comunità del villaggio ( i
paesaggi abituali) per incamminarsi verso orizzonti valoriali e
raggiungere mete inedite. La meta ultima di cui parla Ugo non è “ la Città
Celeste dei pellegrini col bordone" ma i pellegrini con la penna che intraprendono
un pellegrinaggio attraverso le pagine di un libro. La lettura, la memoria e la
sua scrittura diventano momenti formativi acclarati perché scrittura
autobiografica non significa, come comunemente si pensa, abbandono al proprio narcisismo, ma è una scrittura che chiede di trovare l’equilibrio fra Narciso ed Eco: né cosi innamorati di noi
stessi da non considerare più l’altro , né così poco attenti a se stessi da dissolversi
in un indefinito altrove.
l.b.
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