“Come vorrei essere un albero che sa dove
nasce e dove morirà” 1]
Due dei più terribili avvenimenti del Novecento
si ricordano tra fine gennaio e inizio febbraio. Sono trascorsi quattordici giorni dalla commemorazione
delle vittime dell’Olocausto e oggi, 10 Febbraio (Giorno del
Ricordo istituito dal Parlamento italiano nel 2004) ricordiamo le vittime delle
foibe e dell’esodo istriano
e giuliano-dalmata.
(...) Ma
già da noi, pochi chilometri all'interno, dalle
parti di Umago, c'era un microcosmo misto che conviveva pacificamente. C'erano la scuola italiana e la scuola croata, la messa in italiano e la messa in croato
e così via. Qualche piccolo screzio
ci poteva anche essere, per carità. Ma
le due comunità erano bene integrate». Poi, qualcosa si spezzò(...)[1]
Ancora
una volta la riflessione sulla drammaticità di questi eventi chiede di confrontarci
con il mistero del male che vive in ogni UOMO e che per Mariangela Gualtieri ha
un nome :Caino. [2]
: il primo fratricida della storia dell’umanità. Ricordando le popolazioni che subirono i metodi disumanizzanti dei grandi totalitarismi, diversi
nell'ideologia, ma così simili nei metodi di oppressione, controllo e
soppressione prende campo anche l’immagine del conflitto scoppiato nei Balcani
nel 1992; scontro che degenerò ben
presto in guerra civile e che causò, anche in questo caso, l’ esodo di intere famiglie.
Ogni commemorazione ha lo scopo di tenere viva la
fiamma del ricordo, e perché ciò avvenga non bisogna arrendersi a una
sofferenza rancorosa , ma valorizzare la memoria delle vittime progettando un
futuro di pace. Per uscire da una
conclusione che può apparire generica e
scontata mi affido ai versi di Chandra Livia Candiani riconoscendo nel
linguaggio poetico la forma comunicativa
più rispettosa e immediata
.
Il dolore
degli altri
non mi sta in mano
e nemmeno in gola
più che altro sta nel petto
nella sua memoria
luogo schivo
che fa stazione
che scartavetra le fughe.[1]
non mi sta in mano
e nemmeno in gola
più che altro sta nel petto
nella sua memoria
luogo schivo
che fa stazione
che scartavetra le fughe.[1]
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