giovedì 21 gennaio 2021

" Scivolare e fluire attraverso la giornata, attraverso il mondo intero, attraverso la vita"

 



La frase assunta a titolo   è tratta dal diario di Etty Hillesum, una ragazza   nata a Middelburg, il 15 gennaio 1914 e morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943 a soli 29 anni.  La giovane, laureata  in giurisprudenza all’Università di Amsterdam,  lavora  come dattilografa presso una sezione del Consiglio ebraico e quando le  si offre   l’opportunità di salvarsi dalla persecuzione che i nazisti stavano mettendo in atto nei confronti degli ebrei    lei decide di non avvantaggiarsene e sceglie  di condividere  la sorte del suo popolo.     Prima di essere deportata, Etty Hillesum scrive un diario, tra il 1941 e il 1942, che viene pubblicato solo nel 1981.  Sono pagine nelle quali, sulla cronaca prevale    la dimensione interiore, e dalle stesse si eleva  un vero e proprio inno alla vita;    la lettura del diario  ci mostra   la tenace  volontà di Etty  a ricercare la felicità:  una felicità che deve diventare contaminante perché la vita “è difficile, ma non è grave”.

Scrive sempre nel diario:

  

«Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore.”





La sua è una voce che arriva limpida, pacata e colta; una voce profonda che arriva al cuore delle situazioni e delle cose

 

" Ho letto ancora un po' Rilke ieri sera. Quando lo leggi, non ricordi sempre i dettagli, ma è come se diventassi interiormente sempre più attenta. È come se tutto quello che ti giunge dall'esterno dovesse essere guardato e affrontato con molta più attenzione, come non hai mai fatto prima; ma anche tutto quello che s'innalza da dentro dev'essere ascoltato con maggiore attenzione, sempre più attentamente e seriamente. "

 

" Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’ odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. E’ l’unica soluzione possibile."

Etty , affidando al  diario e alle  lettere ci lascia    una delle testimonianze umane e spirituali più alte del nostro tempo  e  ci permette  di ricostruire il dramma del popolo ebraico  attraverso una visione mistica  dove la testimonianza  è volta a trasformare e non solo a nominare.  

 

"Mi sento proprio simile a una pioggerellina. E perché no, per una volta? Cambierà pure il tempo prima o poi. Il mio errore adesso è pensare che continuerà a piovere per tutta la vita"



Quando decide di lavorare come assistente sociale
 (volontaria) nel campo di transito di Westerbork, in Olanda, dove gli ebrei sono ammassati in condizioni disumane,  prima di partire per Auschwitz si rende conto che il suo dolore personale non è niente, in confronto al dolore dell’umanità intera

 

22 luglio 1942

Accettata la mia domanda di partire come volontaria per il campo di Westerbork. Il mio cuore oggi è morto molte volte, ma è anche resuscitato. E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio. L'unica cosa che possiamo salvare in questi tempi è il piccolo pezzo di Te in ognuno di noi, mio Dio.

29 aprile 1942

 Ai quattro angoli del campo di Westerbork ci sono delle torrette di vedetta, poggiate su alti pali, battute dal vento. Lassù, un uomo con elmo e fucile si staglia contro il cielo. Alla sera si sente talvolta sparare nella brughiera - come quando quel cieco si smarrì troppo vicino al filo spinato. 


Un villaggio di legno tra il ciclo e la brughiera, e tutt'intorno filo spinato. In un rettangolo di 500 metri per 600 viviamo in 10 mila. Baracche piene di spifferi e gremite di uomini, dove le cuccette di ferro a tre piani si ammassano sotto un cielo incombente di panni stesi ad asciugare. Di notte non si riesce a dormire perché i bambini piangono — e perché ci si continua a chiedere come mai non arrivino notizie dalle molte migliaia già partite dal campo.

 

Fuori dalle baracche, borghesi con logori abiti confezionati e marchiati si siedono a mangiare cavoli - rapa da scodelle smaltate. C'è fango, talmente tanto fango che si deve possedere proprio un gran sole interiore, per non esserne sommersi. Si sente parlare con una molteplicità di accenti, come se la torre di Babele fosse stata innalzata in mezzo a noi. Fiammingo, olandese, tedesco. Accenti russi o polacchi.

 

I bambini giocano ad acchiapparsi in mezzo alla folla degli adulti, o cadono addormentati sull'assito polveroso delle baracche. L'altro giorno due bambinetti svolazzavano smarriti attorno al corpo pesante della madre, che giaceva svenuta in un angolo. I rapati a zero, i picchiati e maltrattati, incespicano, e si muovono incerti all'ora della cena, le mani tese verso il pane che non basta.

 

Un altro treno per la Polonia è pronto. La gente è stipata nei carri merci, le porte stanno per chiudersi. Dall'ospedale hanno portato molti malati in barella. Una madre ha caricato il suo bambino, che deve partire da solo. Mi sono arrampicata su una cassa, li ho contati, sono 35 vagoni
pieni.

La locomotiva manda un fischio terribile, il campo trattiene il fiato: partono altri 3000 ebrei.

Dalle aperture delle assi spuntano le mani a salutare, sembrano le mani di chi affoga. Un ufficiale tedesco, nell'attesa, lungo i binari ha messo insieme un mazzetto di fiori di brughiera. Lo darà a qualche contadinella dei dintorni.

 

Mio Dio, è proprio vero che tutte quelle porte si chiudono? Attraverso le strette aperture in alto si vedono teste e mani. Il comandante fa un breve gesto con la mano, come un principe d'operetta. Un fischio acuto e stridente, altri 1020 ebrei lasciano l'Olanda. Di chi è partito, non sappiamo più nulla. Lo sapremo presto, è il nostro stesso destino, non ne ho dubitato per un istante.

7 settembre 1943.

Sono seduta sul mio zaino nel mezzo di un affollato vagone merci. Papa, la mamma e Mischa sono alcuni vagoni più avanti. L'ordine di partenza è giunto inaspettato. Ordine mandato appositamente dall'Aia per noi. Viaggeremo per tre giorni. Grazie, amici, per tutte le vostre cure.

Ho aperto a caso la Bibbia, ho trovato queste parole: "II Signore è il mio baluardo".

                     Abbiamo lasciato il campo cantando.

Il diario si chiude il 13 ottobre 1942 ,  Hetty morirà il 30 novembre.

 

                                                                                                                                                                           Loretta Buda  

 

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