LA MEMORIA RENDE LIBERI
presentazione l’autore delinea il contesto socio-politico nel quale la vicenda si svolse e vi colloca la storia che Liliana Segre, in prima persona, gli racconta. È la narrazione della sua vita da quando, a soli otto anni, le leggi razziali sconvolsero la sua esistenza e quella di tante famiglie ebree in Italia. Una sofferenza che lei, dopo un lungo silenzio, trasforma in parole e azioni. Per la Segre fare memoria ha significato innescare nuovi processi; ricordare e testimoniare per comprendere, sanare, evitare, e consapevolmente capire che la memoria stessa può rendere liberi.
E’ la storia di una vita spezzata dalla follia e dalla crudeltà
delle leggi razziali che si è compiuta nel più assordante silenzio
e nell'indifferenza di molti.
…. venne un giorno……
“Liliana Segre sta
per compiere otto anni quando il suo destino cambia per sempre. E una delle
migliaia di bambini delle elementari che non rientreranno a scuola, che non
rivedranno la loro maestra e i loro compagni, e questo sarà solo il primo anello della
catena persecutoria. E alla sua memoria diretta che ci affidiamo di qui in poi
per sapere e capire come quelle decisioni cambiarono le vite di tanti esseri
umani, e direttamente la sua. Come abbiamo condiviso, e come è giusto che sia,
il suo è un racconto in prima persona, una narrazione che non viene spezzata
dalle domande, la testimonianza di quel che davvero è successo, fatta da una
donna che ha misurato passo dopo passo quella discesa agli inferi, e la
racconta con la precisione chirurgica di chi non ha mai smesso di essere
cosciente, di guardare, di cercare di capire (…)”[1]
“Non è una
storia di uniformi e palandrane, non è una storia di guerra, non è una storia
di diversi. Nell'Italia fascista, e non solo in Italia, persecutori e
perseguitati erano stati parte della stessa società, vestivano allo stesso
modo, e spesso la pensavano allo stesso modo sul regime. Eppure venne un giorno
in cui i primi decisero che i secondi non avrebbero più potuto insegnare o
imparare, lavorare o possedere, fare impresa o risparmiare, per via della fede
dei loro genitori, anche se persa e non tramandata. Erano semplicemente una
stirpe, una discendenza da emarginare. Arrivarono poi direttamente, passando
da alleati a occupanti, coloro che erano stati gli ispiratori di quella politica
di discriminazione, per trasformarla in annientamento. E in tanti italiani
chiusero gli occhi, si voltarono dall'altra parte o aiutarono attivamente:
l'orrore vero per me è lì, al primo metro del cammino per i campi.”
Dal lager, Liliana , ritornerà sola, orfana, straniera di futuro,
tra le macerie di una città, Milano; rientrerà
in un’Italia dilaniata, ferita,
che cerca nel silenzio la difesa da un
passato tragico e dolorosamente prossimo
per ricordarlo e parlarne . .
“La quindicenne Liliana scoprì
subito che quel che aveva subito non doveva interessare a nessuno, che i suoi
tentativi di raccontare si scontravano con un immediato «E non sai quante ne ho
passate anch'io», a derubricare l'Olocausto come uno dei tanti guai di guerra.
Enorme tragedia, enorme rimozione. E allora anche lei accantonò tutto.”
Liliana
riuscirà a ritrovare la parola per narrare e testimoniare, lo farà quando i
suoi figli saranno cresciuti e solo allora, anche loro, come “tutti” lo hanno saputo.
Lasciandovi alla lettura del libro , concludo con le parole di Enrico Mentana:
<< Parlare per lei è ancora duro. Ascoltarla per noi è vitale. >>
Le parti trascritte in corsivo sono tratte dall' introduzione di Enrico Mentana.
l.b .
[1] E. Mentana e L. Segre , La memoria rende liberi,
Rizzoli Milano , 2015